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Jannik Sinner, i mesi durissimi di coach Vagnozzi: "Non potevamo parlarne, è stata la prima volta"

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Dopo il trionfo agli Us Open, emergono particolari dall'elevato peso specifico su come Jannik Sinner abbia vissuto il torneo, segnato dall'ombra del caso-Clostebol, che dovrebbe chiudersi definitivamente nei prossimi giorni. Già, le voci e il pregiudizio sul doping, gli attacchi di alcuni colleghi. Ma nonostante tutto ciò una vittoria storica, strepitosa, nettissima, quella del numero 1 al mondo che ha liquidato Taylor Fritz in tre set nella finalissima di Flushing Meadows.

Ora, intervistato dal Corriere della Sera, a sbottonarsi, almeno un po', è Simone Vagnozzi, coach dell'altoatesino, che racconta alcuni aspetti dei mesi difficilissimi in cui Jannik e il suo entourage hanno dovuto convivere con le ombre del caso-doping. "È stata una situazione complicata - premette Vagnozzi -: non potevamo parlarne con nessuno al di fuori del team, è stata una prima volta per tutti".

E ancora, aggiunge: "Io e Darren Cahill (l'altro coach, ndr), dovevamo capire i momenti cercando di aiutarlo quando possibile. Se in genere si pensa due o tre volte prima di esprimere un concetto, in quei mesi era necessario farlo anche dieci volte", sospira Vagnozzi. "Abbiamo provato a farlo vivere al meglio, con meno pensieri negativi in testa. In quei mesi complicati abbiamo cercato di fare la nostra parte, parlando il meno possibile con Jannik della vicenda doping se non per il minimo indispensabile. L'obiettivo era concentrarci sul lavoro". 

 

In ogni caso, sottolinea il coach, "noi abbiamo fatto il nostro, ma il grande merito è stato di Jannik perché alla fine ad andare in campo è lui. Non avere alcuna colpa ed esserne cosciente è stato l'aspetto più importante per superare quel lungo e complicato periodo. È stata una montagna russa di emozioni, ma il modo in cui l'ha affrontata a 23 anni è stato eccezionale. La forza mentale di Jannik è semplicemente incredibile", ha rimarcato.

Infine una battuta anche sugli attacchi, sui colpi bassi ricevuti da Sinner dai colleghi Nick Kyrgios su tutti. "Jannik non ha subìto troppo gli attacchi da parte dei colleghi – devo dire pochi, tre o quattro – Non si possono controllare le persone, bisogna andare dritti per la propria strada. Tutti sanno che ragazzo sia Jannik e comunque bastava leggere le carte per comprendere l'accaduto", ha concluso Simone Vagnozzi.

 

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