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Sinner e il Clostebol? "Il karma": che fine ha fatto Griekspoor, l'uomo che lo odia

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Chiamiamola la maledizione del Clostebol, il potere (al contrario) del veleno, o più semplicemente karma. Sta di fatto che allo Us Open stanno cadendo uno a uno tutti i rivali che hanno attaccato ferocemente Jannik Sinner per l'affaire-doping. Mentre l'azzurro, ribadendo ogni giorno di non essere ancora al meglio, psicologicamente e fisicamente, è approdato agli ottavi e sembra avere la strada spianata verso il successo nello slam americano, Medvedev (e sorprese) permettendo. 

Un caso che ha tenuto banco nell'ultima settimana, quello della positività dell'altoatesino. Chiuso dal punto di vista sportivo, ma apertissimo da quello delle polemiche. Oltre a Nick Kyrgios, ferocissimo contro Sinner ma di fatto già quasi un ex giocatore a causa degli infortuni continui,  nei giorni precedenti a Flushing Meadows hanno brillato, se così si può dire, alcuni avversari di Jannik. 

 

 

 

Prendiamo Carlos Alcaraz: "Se lasciano che Jannik giochi, c'è un motivo. Hanno detto che è innocente e questo è tutto quello che so e che posso dire". Non proprio una gran difesa dell'amico. Rafa Nadal, per esempio, è stato nettamente più categorico riguardo alla trasparenza e all'onestà dell'italiano. Bene, Carlitos a New York è clamorosamente uscito anzitempo dal torneo, ko contro l'olandese Botic van de Zandschulp al secondo turno.

 

 

 

Quindi l'altro olandese Tallon Griekspoor: "Dove c’è fumo, c’è fuoco. Ma Jannik porta soldi". Una teoria del complotto fatta e finita. Al terzo turno, il bulgaro Dmitrov l'ha spedito a casa. Stesso giorno, stesso destino pure per Nole Djokovic: "Capisco la frustrazione dei giocatori per la mancanza di coerenza. Da quanto ho capito, il caso Sinner è stato risolto nel momento in cui è stato annunciato. Ma credo che siano passati cinque o sei mesi da quando la notizia (dei test positivi) è stata comunicata a lui e al suo team. Sono i casi come questo il motivo per il quale abbiamo fondato la PTPA (Professional Tennis Players Association), che sostiene protocolli equi, chiari per approcci standardizzati a questo tipo di casi in modo che ogni giocatore, a prescindere dal suo ranking, dal suo status o dal suo profilo, sia in grado di ottenere lo stesso tipo di trattamento", aveva detto il serbo alla vigilia del torneo, in cui difendeva il titolo conquistato un anno fa. Bene: l'australiano Popyrin lo ha clamorosamente eliminato. Come dicevano i saggi: fatti, non parole.

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