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La Khelif vince l'oro? Cosa non torna sul primo round, scoppia un nuovo caso

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Che strano. L’oro olimpico di pugilato nella boxe categoria 66 kg se lo prende Imane Khelif, la 25enne algerina che ha battuto per decisione unanime (tre round vinti 10-9, il primo molto dubbio) la cinese Liu Yang, 32 anni, una nel cui palmarès ci sono l’oro ai Giochi Asiatici 2022 e l’oro ai Mondiali Iba 2023 di Nuova Delhi. Proprio quei Mondiali dai quali Khelif è stata estromessa perché (stando all’Iba) «dai test effettuati risulta avere cromosomi maschili».
Il che si tradurrebbe in netto vantaggio di forza, di resistenza: lei, l’Algeria e molti tifosi trovati strada facendo contestano le accuse, eppure nel torneo olimpico ha manifestato una superiorità fisica chiara. Ha liquidato Angela Carini nel match durato 46 secondi, ha battuto l’ungherese Ha mori nettamente, si è sbarazzata della thailandese Suwannapheng in una semifinale dove non ha mai sofferto l’aggressività della rivale, che le rendeva molti centrimetri in statura e in lunghezza dei colpi.

Al centro di un caso identico di cromosomi maschili c’è la pugile di Taiwan, Lin Yu-ting (campionessa mondiale 2018 dei pesi bantam, nel 2022 dei pesi piuma e squalificata prima della finale per il bronzo nel 2023), che alle 21.30 cerca l’oro nella finale dei 57 kg contro la polacca Szeremeta. Dovesse riuscirci sarebbe una dopppietta molto curiosa, sebbene il Cio ritenga sia tutto chiaro. Ma uno come Franco Falcinelli, presidente onorario European Boxing Confederation, ha bollato come «iniqua», la presenza di Khelif ai Giochi. Il caso è aperto.

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