Ferrari, l'Ad "clonato" dagli impostori digitali
È ben chiaro che, come una penna si possa usare per scrivere una lettera o per accecare qualcuno, così la bontà dell’uso dell’Intelligenza Artificiale dipenda dai cervelli che ne fanno ricorso. Potrà aiutare, chissà, i ricercatori a trovare la cura per il cancro. Allo stesso tempo però, alle menti criminali, spalanca le porte per una nuova era della delinquenza. Il futuro del ghiotto mercato delle truffe online, ad esempio, è già qui. Da qualche mese sta circolando infatti un raggiro 2.0 che prova a colpire le grosse aziende. Gli impostori usano dei software per simulare la voce di un dirigente di alto profilo per contattare sottoposti e cercare di convincerli a firmare qualcosa per ottenere dei soldi.
Come rivelato da Bloomberg, sarebbe successo anche a Ferrari. Un truffatore, che diceva di essere l’amministratore delegato Benedetto Vigna, ha chiamato un dirigente simulando la voce del Ceo lucano. Diceva di chiamare da un numero diverso perché aveva bisogno di discutere in modo confidenziale un grosso accordo finanziario che avrebbe richiesto tutele e misure straordinarie. Il dirigente però ha iniziato ad ascoltare più attentamente, accorgendosi di una piccola e inusuale intonazione meccanica nella voce del presunto ad. Così, è scatto un contro-inganno: «Scusa, Benedetto, ma devo identificarti», gli risponde, chiedendogli quale fosse il titolo del libro che Vigna gli aveva consigliato pochi giorni prima.
A quel punto la chiamata si è interrotta di colpo, rendendo chiaro che la persona all’altro capo del telefono non fosse davvero Vigna. Ferrari non è l’unica azienda finita al centro di possibili truffe fatte con l’IA, che anzi negli ultimi tempi stanno diventando sempre più frequenti. Lo scorso febbraio per esempio accadde a una grande multinazionale di Hong Kong. In quel caso il raggiro con deepfake fu impeccabile: un dipendente dell’azienda ricevette un link di accesso a una video conferenza per avere istruzioni circa una “transazione segreta” da effettuare.
Una volta entrato nella riunione, vide alcuni volti noti, tra cui quello del Cfo dell’azienda. Gli venne ordinato di realizzare 15 trasferimenti separati verso 5 conti diversi per un totale di 24 milioni di euro. L’uomo, inizialmente timoroso di trovarsi di fronte a un caso di phishing, vide i suoi dubbi dissiparsi quando a impartirgli l’ordine fu il suo superiore “sintetico”. Al fine di non far sospettare nulla al malcapitato, i truffatori continuarono a contattarlo impersonando i colleghi anche nei giorni successivi alla truffa con chiamate e scambi di messaggi. Un piano praticamente perfetto.
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