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Parigi 2024, la sfida di Irma Testa: caccia all'oro dopo le ingiustizie di Rio e Tokyo

Emiliano Dal Toso
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Irma Testa sogna Parigi da quando a dodici anni ha cominciato a tirare pugni nella palestra della Boxe Vesuviana di Torre Annunziata: era una “scugnizza” a cui la Nobile Arte ha offerto un’alternativa di vita, un’occasione per emanciparsi e affermare la propria individualità, via dalla strada e dalle paure per la mancanza di un futuro. Promessa, potenziale fuoriclasse. Campionessa mondiale ed europea in carica della categoria pesi piuma (57 kg), arriva in Francia da favorita, per la prima volta, dopo due Olimpiadi. Nata per competere: a Rio de Janeiro era da poco maggiorenne, nessuno le chiedeva di arrivare fino in fondo. Eppure, quella sconfitta immeritata ai quarti di finale contro la francese Estelle Mossely l’ha ferita, portandola addirittura vicina alla decisione di lasciare il pugilato; a Tokyo, era una delle più forti, ma è andata a sbattere in semifinale contro quel muro filippino di Nesthy Petecio, abile maestra dei “clinch”, meno talentuosa di lei ma più esperta e scaltra. Questa volta però, il bronzo non basta: a Parigi, Irma è la più forte.

Guardarla muoversi e danzare sul ring è un puro spettacolo sportivo. Quasi sempre è più alta delle avversarie (174 cm), ma è anche più veloce, più agile e leggiadra. Gambe lunghissime e magre, e poi quel “jab” sinistro micidiale. Soprannominata “Butterfly” proprio perché, sin dai primi incontri, il suo riferimento è il più grande di ogni tempo, Mohammad Alì, che boxava «pungendo come un’ape e volando come una farfalla».

 

PRESSIONI
L’attesa e le speranze però non assegnano le medaglie d’oro: per vincere, la pugile campana dovrà sconfiggere le avversarie e le pressioni. E la popolarità acquisita dopo il bronzo di Tokyo non ha comportato soltanto benefici: da una parte, è vero che il movimento pugilistico italiano aspettava un personaggio carismatico come lei, almeno dai tempi di Roberto Cammarelle e Clemente Russo; dall’altra, però, il rischio è che l’esposizione mediatica abbia alimentato le aspettative di tutti di vederla sul gradino più alto del podio.

Prima il coming out, poi le dichiarazioni a favore dei diritti LGBT, contro le discriminazioni sociali e razziali, e contro il bullismo. La bella dichiarazione di stima nei confronti di Giorgia Meloni «mi sento orgogliosa quando una donna come me tiene testa agli uomini in politica»). Un film documentario e un libro autobiografico. Ma anche un’intervista abbastanza evitabile a Belve di Francesca Fagnani, in cui ha parlato di tutto tranne che di sport e pugilato.

PROVE DI NOTORIETÀ
Dopotutto, dalle prove di notorietà derivano anche grandi responsabilità. E adesso non ci sono i pregiudizi degli uomini da sconfiggere, e neppure le domande della Fagnani a cui rispondere con stile, ma ci sono donne che picchiano pugni come mattoni, come la kazaka Karina Ibragimova, la bulgara Svetlana Staneva e la francese Amina Zidani (tra le favorite anche per il fattore campo), da buttare giù in tre round dalla durata di tre minuti. Sperando, altrimenti, in giudici obiettivi e competenti, all’altezza della competizione di sport più bella che possa esistere.

Ma nella squadra della boxe italiana che va a Parigi non c’è soltanto lei: tra gli uomini, il 25enne Aziz Abbes Mouhiidine è la nostra punta di diamante, il nome su cui puntare per tornare a vincere l’oro sedici anni dopo il trionfo di Roberto Cammarelle alle Olimpiadi di Pechino. Dopo quell’impresa, sono arrivate troppe delusioni: a Londra nel 2012, un formidabile Clemente Russo si arrese in finale contro il fuoriclasse ucraino Oleksandr Usyk (oggi il più forte pugile professionista del mondo), ma ci fu anche lo “scandaloso” argento dello stesso Cammarelle, derubato del secondo oro di fila dai giudici filo-britannici che gli preferirono uno spento Anthony Joshua.

 

MOVIMENTO
Dopodiché, è arrivata la crisi del nostro movimento, che a livello olimpico vanta pur sempre una tradizione gloriosa: per non andare troppo lontani con il tempo, è sufficiente ripassare le vittorie dello “Sparviero” Patrizio Oliva (Mosca 1980), di Maurizio Stecca (Los Angeles 1984), e del compianto Giovanni Parisi (Seul 1988), il cui ricordo fa già scendere una lacrimuccia. Parigi non dovrà essere una terra carica di nostalgia: nella categoria dei pesi massimi (92 kg), Aziz si presenta come campione europeo in carica, e non dovrà vedersela con il campione del mondo, il russo Muslim Gadzhimagomedov, passato di recente tra i professionisti. Lo sfidante principale è il cubano Julio Cesar La Cruz, un fenomeno vero, ma che a 35 anni potrebbe avere imboccato il viale del tra monto.
 

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