Parigi 2024, Simona Quadarella: la più forte in acqua tra le umane
L’unico problema di Simona Quadarella è essere nata soltanto un anno e mezzo dopo Katie Ledecky, una delle nuotatrici più forti non solo di questo momento storico ma di tutti i tempi. D’altronde Ledecky ha vinto tutti, ma proprio tutti, i titoli disponibili nello stile libero tra i 400 e i 1500 metri, passando per gli 800, ovvero le specialità della stella azzurra. Provate voi a conviverci senza impazzire. La statunitense si è messa al collo il primo oro olimpico a Londra (800 stile libero) quando aveva 15 anni. Simona ha trovato un sistema per sopravvivere a questa condanna: farsene una ragione.
«Lei è imbattibile», ripete spesso. Ma dietro questa frase ripetuta come un mantra c’è un filo di pretattica. Metti che Ledecky a Parigi (-4 alla cerimonia di apertura) si presenti appagata, metti che accusi un minimo di stanchezza visti i 27 anni (nel nuoto è la maggiore età) e la volontà di fare tre gare (400, 800, 1500) più la staffetta, metti che si becchi una influenza come quella toccata proprio a Quadarella prima di Tokyo... Non per gufare, ci mancherebbe, ma per farsi trovare pronti nel caso in cui la fortuna tifasse azzurro. Simona va ai Giochi nella strana condizione di essere la più forte tra le umane, la numero uno dietro quella che fa gara a sé. Lo ha dimostrato ai Mondiali di Doha a inizio anno: Ledecky assente, Quadarella dominante. Medaglia d’oro sia negli 800 metri (gradino più alto del podio in tale distanza per la prima volta a livello intercontinentale) sia nei 1500 stile libero, bissando il successo ottenuto nel 2019 a Gwangju.
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Proprio nel 2019 a Gwangju, negli 800, vinse l’argento dopo una battaglia serrata con l’avversaria americana, cedendo solo nell’ultima vasca: quella gara è rimasta il suo modello di riferimento, il suo benchmark per battere Ledecky. «Ho imparato a non guardarla» perché «se la guardi rischi di abbatterti», ha spiegato di recente Simona. L’americana, oltre a essere un talento naturale, è una grande stratega. Sembra fare gara a sé e invece la fa sulle avversarie, in particolare l’azzurra. L’unico modo per provare a mandarla fuori giri è lasciarla libera fino alla vasca finale sulla quale Quadarella ha lavorato e lavorato e lavorato in questi cinque anni sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico.
Dunque, spoiler: non stupitevi se in semifinale Simona dovesse fermare il cronometro lontano da Ledecky, sarebbe un modo per finire nelle corsie laterali in finale, essere più distanti, privarla di un punto di riferimento e riuscire a non guardarla nemmeno di striscio. Altro punto da considerare in favore di Quadarella è il momento in cui arrivano queste Olimpiadi. Sono le prime in cui è consapevole delle proprie capacità e al contempo non ha nulla da dimostrare. Di solito è questa l’abbinata vincente per i predestinati come lei. «Nel 2016 non mi qualificai a Rio perché l’ultima gara andò male». Ma «ero piccola e non ancora pronta». Con il senno del poi «non è andata male perché sarei andata a fare solo la presenza e non ci avrei guadagnato così tanto».
Se prima a beffarla è la giovane età, a Tokyo è la pressione. Arriva con la nomea di nuova Pellegrini, seppur sulle lunghe distanze piuttosto che sulle corte, proprio mentre la vera Pellegrini stava nuotando la sua quinta e ultima Olimpiade della carriera. In più Simona sta male due settimane prima della gara, malessere peraltro diffuso nella squadra italiana del nuoto: «Mai ero stata così male in vita mia: è stata un’Olimpiade complicata». Si aspettava la medaglia nei 1500 e invece arriva soltanto quinta, mentre strappa il bronzo negli 800 dove pensava di andare peggio. Diversi i motivi: gara più corta, e per una che non sta bene è una manna; gara disputata due giorni dopo, quindi con due giorni in più per rimettersi; gara approcciata con la rabbia per la medaglia persa nella distanza preferita.
Di Simona stupisce la sua incredibile normalità e la sua straordinaria capacità di misurare le proprie potenzialità in relazione a Ledecky e al tempo che passa. Trovate un’altra atleta dire «a Los Angeles 2028 avrà 29 anni, quindi sarò verso la fine della mia carriera» e «certamente ci voglio arrivare ma non avrò le energie e i risultati che ho ora» con la serenità di Quadarella. Sa che Parigi è l’Olimpiade della sua vita ma non ne fa un’ossessione. Aiuta, in questo, anche il mondo che Simona si è costruita.
Un mondo fatto di vacanze al riparo dal rumore (ama il trekking e il mare, oltre che la sua Roma, sia come città che come squadra di calcio), di abitudini consolidate- si allena sempre al mattino dalle 8:30 alle 10:30 e il pomeriggio alle 14 o alle 16, in modo da alternare una serata di riposo più lunga a una più breve - e di rapporti inossidabili, su tutti quello con l’allenatore Christian Minotti con cui ha cominciato quando aveva 12 anni («Aveva 31 anni quando mi ha presa, da poco aveva smesso di nuotare le mie stesse gare. Mentre mi migliorava come atleta, diventava un grande allenatore»). Simona Quadarella, ragazza d’oro. Speriamo anche letteralmente in quel di Parigi.
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