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Italia da rifare, ecco i 30 azzurri su cui puntare: un piano per il futuro

Claudio Savelli
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Una premessa: prima di indicare da quali giovani ripartire, va ripensata l’idea di Nazionale maggiore. Non deve più essere una squadra chiamata a vincere ad ogni costo, costretta per volere popolare e federale ad alzare trofei, ma un laboratorio di gioco e giocatori che può anche perdere, che deve essere libero di perdere. La Nazionale maggiore deve dare ai giovani italiani il palcoscenico di rilievo che i club non vogliono o non possono offrire. Deve diventare un’ulteriore Under. Per accettare questo cambio di paradigma serve un ribaltamento culturale. È il momento migliore per indurlo, ormai siamo abituati a non vincere.

L’approccio deve essere quello adottato (a tratti) da Roberto Mancini quando convocò Zaniolo ancor prima che questi esordisse nella prima squadra della Roma. Chiaramente non tutti i componenti della squadra italiana devono essere nuovi. L’importante è che siano tutti rigorosamente under 30 e l’età media della rosa non oltre i 25 anni. Ipotizziamo una lista di trenta da cui ripartire a stretto giro, da settembre, interpretando l’eventuale Mondiale 2026 non come competizione da vincere ma in cui offrire minuti ai giovani. I dieci giocatori da riproporre sono Donnarumma (25 anni, Psg), Vicario (27, Tottenham), Bastoni (25, Inter), Dimarco (26, Inter), Buongiorno (25, Torino), Calafiori (22, Bologna), Cambiaso (24, Juventus), Barella (27, Inter), Frattesi (24, Inter), Chiesa (26, Juventus). Ecco il blocco di “leader”. L’età media di questo terzo di rosa è pari a 25,1 anni, perfetta perché dobbiamo smettere di considerare giovani i giocatori di questa età. Non lo sono. Perché loro? Semplice: tranne Buongiorno, destinato però a un salto di qualità, giocano tutti in squadre che frequentano l’Europa. A questi “vecchi” del gruppo si possono eventualmente aggiungere Scamacca (25, Atalanta) e Raspadori (24, Napoli), a patto che si diano una decisa mossa, così come Pellegrini (28, Roma) e Locatelli (26, Juventus). A tutti gli altri si può serenamente dire “arrivederci e grazie”. Il discorso riguarda anche Tonali, su cui non bisogna fare lo stesso errore commesso con Fagioli: l’inattività si paga a caro prezzo e non è detto che si torni subito a livelli accettabili. Il calcio va veloce e non aspetta chi trotterella in campo. Il resto è da reintrodurre o lanciare nel sistema, anche forzando i tempi. Da riprendere sono Udogie (esterno sinistro, 21, Tottenham) e Scalvini (difensore, 20, Atalanta), già svezzati dalla Premier o dall’Europa League. Anche Ricci (centrocampista, 22, Torino), convocato nei 30 pre-Europeo, può tornare utile per l’interpretazione del calcio ritmico che dovremmo istituire. Servono interpreti naturali dell’intensità contemporanea in modo che essa non vada allenata dal ct, che poi si lamenta che non ha tempo.

 

 

Le forzature più profonde sono in attacco: Camarda (punta, 16 anni, Milan) è il centravanti da promuovere anzitempo senza aver paura che si bruci, magari non subito ma a stretto giro. Da considerare anche Francesco Pio Esposito (punta, 19, Inter) e Raimondo (punta, 20, Bologna) nel ruolo: con tutto il rispetto, meglio investire nel centravanti del futuro che sperare in Retegui. Dentro con forza Ruggeri (esterno sinistro, 21, Atalanta), Fabbian (mezzala, 21, Bologna), Kayode (terzino destro, 19, Fiorentina), Prati (centrocampista, 20, Cagliari), già navigati in serie A. Si può credere anche in Oristanio (attaccante, 21, Inter) e Volpato (trequartista, 20, Sassuolo), visto che ci manca qualità pura. Bisognerebbe coinvolgere fin da subito anche Casadei (21, Chelsea), Koleosho (ala, 19, Burnley), Ndour (mezzala, 19, Psg) e Leoni (difensore centrale, 17, Sampdoria) tra chi non è ancora esploso del tutto ma ha già conquistato un palcoscenico internazionale o le attenzioni di grandi club. Ecco, bisogna allargare le vedute, smetterla di considerare solo la serie A. Fatto trenta, facciamo trentuno: Pafundi (18, trequartista), sempre lui, proviamo a ripescarlo. È andato in Svizzera (al Losanna) come Calafiori, indicato da Spalletti come modello. Magari, chissà, è un segno del destino.

 

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