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Euro 2024, l'ora di Mateo Retegui: astri allineati, perché stasera può stupire

Renato Bazzini
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L'avesse chiamato Scaloni, ct dell’Argentina, avrebbe detto di sì. Ma è arrivato prima Roberto Mancini e allora Mateo Retegui non ha esitato: per un ragazzo che vuole costruirsi una carriera ad alto livello, la chiamata della Nazionale italiana è una manna dal cielo. Dice di aver risposto affermativo senza pensarci un secondo e di essersi catapultato sul primo volo disponibile per l’Italia.

Era il centravanti che l’ex ct cercava disperatamente, non il migliore al mondo ma l’unico potenzialmente migliore degli italiani. Non fosse cresciuto Scamacca nell’ultimo pezzo di stagione, sarebbe stato titolare fin dall’inizio dell’Europeo anche con Spalletti. Ha dovuto attendere l’occasione ed eccola qui, nel momento peggiore, nella partita più scomoda perché la terza del girone e successiva ad una in cui è andato tutto storto.

Retegui fa gol. Quei gol magari facili che però tolgono il peso a tutti. Non gli si può chiedere molto altro, anche se l’anno con il Genoa lo ha migliorato nella partecipazione e nella comprensione del gioco. È peraltro reduce da un’annata ricca di problemi fisici dove ha dovuto gestirsi per arrivare in buone condizioni all’Europeo, suo obiettivo primario. Ecco, Retegui sarà anche finito a giocare nell’Italia un po’ per caso, ma da quando è stato convocato ha messo l’azzurro e l’Italia prima di tutto. Ha dato priorità al Genoa per giocare in serie A e ha voluto giocare in serie A per tenersi stretto l’azzurro. È un ragazzo discreto. In ritiro è ben integrato con gli azzurri ma mostra sempre un velo di rispetto nei confronti dei leader. Non si sente ospite nell’Italia ma non osa fare il protagonista.

 

È un difetto se la squadra cerca personalità importanti ma non è il caso della Nazionale. Quindi è un pregio perché sai di avere a disposizione un attaccante che non si lamenta se sta in panchina ma che si fa trovare pronto non appena serve. Prende tutto come un dono, anche perché il calcio lo aveva abbandonato nel 2014, a quindici anni, per praticare lo sport amato dai genitori: l’hockey su prato. Papà Carlos José, soprannominato “el Chapa” (la lastra, la lamiera), è stato medaglia d’oro alle Olimpiadi del 2016 a Rio da commissario tecnico dell’Argentina maschile. Ma il figliolo Mateo viveva nella foresteria del River Plate e lì lo hanno poi convinto a tornare a giocare a calcio. Serviva un attaccante, un po’ come all’Italia.

Retegui è a quota 4 gol in dieci apparizioni con la maglia azzurra. Non segna da 5 partite ma solo in una di queste (contro la Turchia nell’amichevole pre-Europeo) è partito titolare. La doppietta al Venezuela dello scorso marzo è rimasta impressa nella mente di Spalletti perché è arrivata dall’area di rigore dove serve essere brutti e cattivi. Contro la Croazia non serve altro.

 

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