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Euro 2024, Gigi Buffon l'uomo in più di Spalletti: il dietro le quinte azzurro

Claudio Savelli
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C’è questa statua che si aggira per il ritiro di Iserlohn venerata dai giocatori, dagli allenatori, dai dirigenti perché ha di tutti un po’ e ne ha sempre un po’ per tutti. Ha un nome, Gianluigi per tutti Gigi, e un cognome, Buffon. Ha un ruolo, Capo Delegazione, che sembra una di quelle cose inutili, di facciata, dove metti una vecchia gloria tanto per farla contenta e buonanotte. Ecco, non è questo il caso. Primo perché il ruolo è stato nobilitato da un uomo speciale come Gianluca Vialli. Secondo perché il successore del suddetto è un uomo che sta cercando di essere altrettanto speciale.

Gigi Buffon ha preso parola nei giorni scorsi per dire poche cose ma efficaci. Due su tutte. «L’Italia è sottostimata»: nota tecnica e anche strategica che posiziona la Nazionale nel suo territorio preferito, quello delle sorprese. «Ci tengo a dare il mio piccolo contributo»: nota personale che dice tanto dell’approccio di Buffon al nuovo ruolo. Non è scontato che l’uomo con più presenze nella storia della Nazionale (176, 40 in più di Cannavaro, 50 in più di Maldini, giusto per dare un’idea) definisca “piccolo” il suo contributo, anche in considerazione delle continue parole di elogio del ct, Spalletti, che lo ha trattenuto con forza al suo fianco (Gigi era stato assunto dalla Federazione dieci giorni prima dell’addio di Mancini).

 

 

 

Buffon si è posto con umiltà nei confronti di questa opportunità, a differenza di quanto hanno fatto o avrebbero potuto fare molti altri ex colleghi del suo spessore. È in piena continuità con l’epilogo che si è dato alla carriera da giocatore: prima vice alla Juventus e poi serie B al Parma, la società da cui tutto era cominciato e dove era giusto che finisse.

 

 

 

NON RESPINGENTE

Buffon è statuario ma non respingente. È un compagno più grande per i giocatori, un apprendista allenatore per lo staff, un neo direttore per i dirigenti. Ha pensieri emotivi, tecnici, strategici, aziendali, ovvero qualcosa di ogni sfera di competenza della delegazione Nazionale. Tutti gli parlano mentre lui... studia. «Ho scoperto il sottile godimento dell’apprendere», ammetteva qualche mese fa. Ha scelto (e concluso) il corso di direttore sportivo di Coverciano piuttosto che quello di allenatore mentre frequentava un corso intensivo in business administration alla Bocconi, una “full immersion” di inglese e, quando non era impegnato con l’Italia, svariati podcast e attività a tema finanza e investimenti.

Funziona perché non fa il guru. E quando c’è stato un Capo Delegazione, o Team Manager, così, abbiamo ammirato le migliori versioni dell’Italia. È stato il caso di Vialli con Mancini e di Oriali con Conte. Viceversa, quando questo uomo in più non c’è stato, ci siamo sfaldati. Il sorriso di Buffon ieri in quel di Iserlohn era ancor più disteso alla vista di Barella in un gruppo finalmente al completo. Anche Fagioli si era allenato prima di risentire dolore al ginocchio.

Rimandato lo juventino mentre l'interista si candida a titolare nel 3-4-2-1 di domani contro l'Albania al fianco di Jorginho. È una gran cosa che Spalletti possa iniziare l'Europeo con (quasi) tutti a disposizione. Perché se la nostra forza è il gruppo, servono tutti. E anche qualcuno in più, come Buffon.

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