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Jannik Sinner, "con chi ha festeggiato il numero 1 al Roland Garros"

Leonardo Iannacci
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Numeri 1 lo si è dalla nascita. Lo impone il destino, il fato, se preferite il karma. Jannik Sinner è nato il 16 agosto 2001. Un mese prima, un ventenne svizzero con sangue africano da parte di mamma si era fatto conoscere nel pianeta globale del tennis: sul centrale di Wimbledon, Roger Federer aveva vinto un’incredibile partita in cinque set battendo il suo idolo d’infanzia, Pete Sampras.

Pur non vincendo quei Championship, Roger iniziava a stupire mentre Jannik apriva gli occhi in quell’estate 2001, quasi un filo invisibile collegasse il campionissimo d’inizio millennio con il ragazzo che ne ha raccolto, ieri, il testimone di fuoriclasse. Un’estasi raggiunta non bombardando il malcapitato un avversario sul campo con la sua arna letale, la Head Speed MP, ma approfittando dei meccanismi matematici che governano il ranking mondiale ATP.

 

 

 

TRAGUARDO

Alla notizia dell’inatteso ritiro di Djokovic dal torneo, è stato certificato il sorpasso: Sinner numero 1. Un traguardo raggiunto da una ristretta schiera di campioni del tennis che hanno aggiunto un posto a tavola per per dare il benvenuto al figlio di Seglinde e Hanspeter. A quel bambino che, a sette anni, vinse lo slalom ai campionati italiani pulcini di sci ma, premiato da Alberto Tomba, decise che il suo futuro sarebbe stato su un campo di tennis, non sulle nevi.

A 22 anni e 300 giorni Jannik ha già vinto molto, ha demolito record, ha vanificato persino le malignità dei detrattori che, però, si sono affrettati a salire furbescamente sul carro dei vincitori quando Jannik ha cominciato a scalare l’Everest del mondo. Sono stati in molti. E altri saliranno su quel carro. Aprendo le stanze della memoria del nostro amabile rosso si scoprono flash memorabili: a 18 anni ha vinto a Milano il Next Gen 2019 sullo stesso campo (ohibò...) in cui Federer vinse il primo torneo e, in quel momento, è iniziata l’ascesa che ha portato Sinner alle campagne vittoriose degli Open d’Australia, della Coppa Davis, dei Master 1000 di Toronto e Miami, sino alla vetta toccata ieri: sei anni fa Jannik era numero 1192 del mondo, a inizio 2019 numero 324, nel 2020 già 93, 12 nel 2022, 4° a fine 2023, 1° ora.

 

 

 

Ieri Jannik ha scartato il regalo che gli ha fatto ieri il computer Atp mentre stava affossando Dimitrov: poi non ha fatto bisboccia, non ne è il tipo. Ha telefonato a papà e mamma, là a Sesto dove tutto era iniziato, ha brindato con il suo staff: gli allenatori Simone Vagnozzi e Darren Cahill, e con la “Bologna-connection” formata dal preparatore atletico Umberto Ferrara, il fisioterapista Giacomo Naldi e l’osteopata Andrea Cipolla, i tre maghi che curano i 192 centimetri e gli 80 chilogrammi del fenomeno.

 

 

 

E non sono certamente mancati, al momento del brindisi, gli occhi innamorati di Anna Kalinskaya, per l’occasione meno glaciali e più dolci. Incoronato erede di quel ragazzo svizzero che, nell’estate del 2021, a Wimbledon, stava iniziando a imporsi al tennis mentre Jannik si stava presentando alla vita, è ora quasi impossibile immaginare i confini alla leggenda di Sinner per illustrane la bella favola. Perché di leggenda vera si deve parlare, ora che il mondo ha un nuovo, elegante e dinoccolato tiranno tennistico. Un tiranno, però, dalla faccia pulita. Una brava persona che molti vorrebbero come amico, come fratello e - perché no? - come figlio.

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