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Jannik Sinner, il dramma di Tathiana Garbin: "Così mi ha aiutato a superare il tumore"

Leonardo iannacci
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C’è una reginetta della vita in questi Internazionali che ogni giorno perdono pezzi. Ha il sorriso e i capelli biondi di Tathiana Garbin, ex tennista, ora capitana della squadra azzurra finalista nella Billie Jean King Cup 2023, la Davis in rosa. Tathiana è stata attrice protagonista di un film lungo e doloroso. Ce lo facciamo raccontare da lei, tra i marmi di un Foro Italico scottato dal sole romano.

Tathiana, da quale momento partiamo?
«Dallo scorso autunno, ero di ritorno dagli US Open e avvertivo spesso forti dolori alla pancia. La diagnosi è stata terribile: pseudomixoma peritonei, ovvero un rarissimo tumore dall’appendice».

La prima reazione?
«Mi hanno detto che colpisce una persona su un milione e ho pensato: entro in campo e cercherò di vincere anche questa partita».

Si è operata subito?
«Due volte. I medici mi dissero che le speranze di risolvere il problema non erano molte».

Dopo il primo intervento ha guidato l’Italia femminile alle finali della Billie Jean King Cup 2023. Ha usato quei giorni per esorcizzare il dramma?
«Non potevo fare altrimenti. L’adrenalina di quelle finali mi ha permesso di pensare solo al tennis, di evitare incubi».

La sua Italia è arrivata in finale.
«Sono stati giorni incredibili: le ragazze, che sapevano del tumore, mi sono state vicine come figlie. Tutte, dalla Paolini alla Errani che sono in semifinale nel doppio qui a Roma».

 

 

Poi si è dovuta rioperare?
«Ho pensato che, in fin dei conti, avevo vissuto 46 anni magnifici e quel ricordo ha compensato tutto, anche la chemioterapia. Tra un intervento e l’altro ho perso 10 chili».

Poi è arrivato quel messaggio di Sinner, pochi minuti dopo la vittoria della squadra italiana in Davis.
«Sì... Aspetti un attimo (Tathiana si commuove ndr)... Una roba pazzesca, quando ho sentito le parole di Jannik, che conosco da quando era ragazzino, non ce l’ho più fatta... Bella persona, lui».

Con l’Insalatiera appena vinta tra le mani e circondato dai compagni, disse: “Vincere la Davis è bello, si fa la storia e siamo contenti ma quello che conta nella vita, Tathiana, è altro”.
«Non trovai altra replica che: sei un capolavoro!».

Non sta vivendo un gran momento, Jannik. Vi siete sentiti?
«Ci messaggiamo e penso che lui non debba avere fretta nel recupero all’anca. Il futuro è nelle sue mani».

Qual è il “segreto” di Sinner?
«Quando parla usa sempre il noi e mai l’io. È consapevole che i risultati si ottengono con un team che funziona. Ed è così. Funziona così anche nella mia squadra di azzurre».

 

 

A proposito, un commento sul pasticciaccio di Camila Giorgi?
«Parlo di tennis: evidentemente Camila non se l’è sentita di ripartire a 32 anni per cercare di tornare in alto nel ranking».

Tathiana, per lei le cose stanno indirizzandosi verso la serenità?
«Sì, anche se priva della milza non ho gli anticorpi di prima e devo stare attenta. Adesso sono qui a Roma in questa festa del tennis, felice di rivedere le mie ragazze con le quali dovremo cercare di vincerla, questa benedetta Billie Jean King Cup».

Nostalgia per la Garbin tennista?
«Molto, ora tra un controllo e l’altro mi tengo in forma con il padel».

La partita non è finita?
«Ogni tre mesi devo fare esami, ecografie, analisi. È un match che è andato al terzo set ma che voglio vincere, come quando giocavo».

Chi erano i suoi miti?
«Monica Seles, che riuscii a battere in un torneo prima che venisse accoltellata da un pazzo durante un cambio campo. E Martina Navratilova che, ora, sta giocando la mia stessa partita nella vita».

Il sogno è un medico che, un giorno, le dica: tutto ok, non c’è più bisogno di fare controlli?
«Sì, ma anche scrivere un libro con il quale aiutare le persone che stanno vivendo il mio stesso problema. In certi momenti si è da soli in campo e dall’altra parte della rete c’è un avversario implacabile».

Ha avuto paura della morte?
«No. Ho solo pensato al dolore che avrei generato nelle persone che amo».

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