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Massimiliano Allegri? "Perché lo difendo, era l'ultimo juventino rimasto"

Luca Beatrice
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Sono certo che la rimpiangeremo quella giacca lanciata con rabbia, un gesto inventato in un pomeriggio a Carpi poi diventato simbolo, icona. Lo so che ci mancheranno le battute, le incazzature, i salti e le corse davanti alla panchina, perché Massimiliano Allegri ha scritto la storia della Juventus in maniera indelebile, fin dai primi giorni del ritiro abbandonato da Antonio Conte, uno che pur dichiarandosi gobbo nel dna ha servito e servirà ogni tipo di padrone e indietro non lo vorrei neanche dipinto. E ricordo bene le parole di Andrea Agnelli, «Max questo scudetto è tuo», che la squadra la prese tra lo scetticismo di molti e la portò due volte ad appena un passo dal titolo europeo, mentre in tanti storcevano il naso che non si era vinto, cosa dovrebbero dire allora al Paris St. Germain: ci provano ogni anno, spendono miliardi ed è sempre flop.

Ad applicare la logica, chi vince non solo resta al suo posto ma la sua posizione si rafforza, non per Massimiliano Allegri, già mandato via dalla Juventus nel 2019, scudettato per la quinta volta consecutiva. Allora fu sacrificato sull’altare del bel gioco, pare che il killer fosse stato Fabio Paratici, Agnelli non fece troppa resistenza e non piaceva neppure a Cristiano Ronaldo, cento gol in tre anni e non un solo bel ricordo della permanenza torinese. Al suo posto Maurizio Sarri, un corpo estraneo fin dalle prime uscite, in panchina si va in giacca e cravatta e con la barba fatta, vale anche per il futuro. Poi arriva Andrea Pirlo, il Maestro, due titoli e un licenziamento che non meritava. Il resto lo conosciamo, il ritorno di Allegri coincide con il bisogno autentico di juventinità, e proprio la giacca lanciata divenne il simbolo proposto sul web per festeggiare il nuovo inizio di un allenatore carismatico capace di farsi rispettare, di un vincente per definizione. E anche stavolta ha vinto.

 

 

I fatti dicono: Max ha fatto ciò che gli è stato chiesto, si è sempre qualificato per la Champions League, l’anno scorso ce l’hanno tolta per i disastri di altri, ha riportato un trofeo in sede vincendo la Coppa Italia dopo che tutti, ma proprio tutti, avevano magnificato il gioco dell’Atalanta, annichilita in campo e tenuta in partita dal tragico arbitraggio di Maresca con la complicità del var. E non solo, ha valorizzato i giovani attingendo dalla Next Gen per ridurre un monte ingaggi delirante, tenuta in piedi da solo la baracca quando neppure il magazziniere sapeva che fare, svolto il triplice mestiere di allenatore, manager e dirigente, esercitato il ruolo da parafulmine per proteggere giocatori che, ad eccezione del portiere, non avevano mai vinto niente e che quella famosa mentalità è ancora tutta da costruire.
Dicono che se guadagni tanti soldi il tuo comportamento deve essere all’altezza ed è vero, in una grande azienda esiste un codice etico e va applicato. Però poi esistono gli uomini e allora ti può partire la brocca, dentro di te si scatena l’inferno dopo che hai sopportato attacchi per mesi e ti sei sentito isolato, hai fatto da parafulmine attirando l’attenzione su dite per lasciare in pace i giocatori, hai dovuto fare a meno di due pezzi importanti che non sono stati sostituiti e ogni santo giorno sentivi ripetere come un mantra l’espressione sciocca e diffamante, AllegriOut, sui social e sui giornali.

 

 

Eppure, fino all’ultimo momento ho sperato in un cambio di rotta nonostante il destino fosse segnato da tempo - strategia non bellissima a stagione in corso con obiettivi ancora da conquistare- sperando che dalla società arrivasse un altro messaggio, Massimiliano Allegri ancora con noi. E dunque la bellissima vittoria di mercoledì per me ha un mezzo sapore amaro, ed è la stessa sensazione che provai nel giorno dell’addio di Platini, di Del Piero, di Buffon, di Chiellini. Di mestiere juventini. Anche nel congedo, teatrale, eccessivo, sbagliato, autentico, Massimiliano Allegri si è dimostrato uomo di popolo, idolo della curva, per niente incline ai compromessi, il mister la cui immagine sarà per sempre scolpita nella storia di un club che sembra incapace di godersi le vittorie perché si dà tutto e troppo per scontato o per una strana mania di rovinare le giornate di festa. Qui parla il tifoso, lascio ad altri i ragionamenti e le spiegazioni. Grazie Max, grazie, sei uno di noi.

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