Massimiliano Allegri, Fabrizio Biasin: una sfuriata inaccettabile
Nel calcio vale quasi tutto, siam mica ingenui: parolacce, urla belluine, incazzature, riferimenti a madri e parenti stretti, sfanculamenti, altre bassezze. Ma c’è momento e momento e modo e modo e in ogni caso se ti tuffi nel fuoco poi non ti puoi meravigliare se ti scotti il popò. Max Allegri ha toppato, ma mica per la sceneggiata romana dell’altra sera, o comunque non solo. Ha toppato perché quel mix di teatro, tragedia, tragicommedia e zingarata alla Amici Miei rischia di costargli carissimo, nel senso più stretto del termine (tra una balla e l’altra l’anno di contratto vale una quindicina di milioni di euro netti, mica bursocolini). E comunque non è solo un problema di quattrini, ché tanto beato lui - ne ha già messi via a strafottere, semmai di immagine.
E voi direte «uh, che noioso» e forse avete ragione, ma mettetevi nei panni del prossimo dirigente che avrà bisogno per la sua squadra di un “mago della lavagnetta”: fino a l’altroieri si sarebbe tenuto volentieri aperta un’opzione-Allegri (che era e resta un purosangue della panchina, sia chiaro), ma ora cosa fai, ti porti in casa il tizio che se gli girano i cinque minuti si trasforma in Cavallo Pazzo?
Al triplice fischio di Atalanta-Juve 0-1 è chiaramente saltato un tappo che comprimeva l’ira funesta del livornese da tanto e certamente troppo tempo. E questa cosa non va bene, ché anche la peggiore pentola a pressione ha il suo utilissimo sfiatatoio, mentre Max no, ha assunto le fattezze della bombola a gas gettata tra le fiamme e se l’è presa con chiunque: l’arbitro, il designatore arbitrale, il dirigente bianconero Giuntoli, il direttore di Tuttosport Vaciago, la sua povera giacca, la cravatta usata a mo’ di lazzo, apparecchiature varie prese a pedate con relativa (e doverosa) richiesta danni dei legittimi proprietari.
Ecco perché la Coppa Italia condanna Massimiliano Allegri: il retroscena-Juve
POCA FURBIZIA
L’ha fatta grossa, insomma, e questa volta non è stato nemmeno troppo furbo, perché si narra di situazioni simili capitate anche in passato (tremano ancora le mura degli spogliatoi di San Siro post Inter-Juve dell’anno scorso), ma un conto è “lasciare supporre” («pare che abbia detto questo, pare che abbia fatto quest’altro...» e altra cosa è vedere la pazziata con i propri occhi.
Allegri con i dieci minuti da Orlando Furioso ha in qualche modo “sfrisato” la meritatissima festa della Juve e oltraggiato la professionalità di un giornalista. E non è tanto una questione di parole (l’ipotetico «ti strappo entrambe le orecchie» rasenta il “situazionismo”), ma di messaggio sotteso (se scrivi cose che non mi piacciono, vengo a zittirti).
Non si fa, Max, perché è vero che il vostro è un mestiere fetente e sono molte di più le iir pernacchie degli osanna, ma per quel lavoro siete pagati profumatamente e lo siete anche per “resistere” alle rotture di balle alimentate da noi scribacchini o da dirigenze che a un bel punto ti vogliono far fuori.
Prendete Pioli o Inzaghi, giusto per citare due colleghi ad altissimo livello: se ne sono sentiti dire di tutti i colori, hanno subìto pressioni interne ed esterne, ma mai si sono permessi di mettere in scena la tammurriata. E ( questi due, tra l’altro, nello stesso periodo in cui tu hai vinto (con merito!) la Coppa Italia, si son portati a casa uno scudetto a testa. E tu dirai: «Sì ma io avevo una squadra peggiore e ho dovuto navigare nel mare in tempesta di una società che ha smarrito persino il suo cda!».
Tutto vero, ma non basta per meritare l’assoluzione. Il dato di fatto è che l’altra sera all’Olimpico è andata in onda la vendetta personale e collerica di un allenatore che per tanti anni ci ha detto «il calcio è una cosa semplice», ma nei fatti ha dimostrato che, invece, è in grado di far perdere la trebisonda anche ai professionisti più scafati.