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Ayrton Senna, il giallo sulla sua morte: tutta la verità in un libro

Paolo Macarti
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Il giallo della morte di Ayrton Senna da Silva, avvenuta sulla pista di Imola l’1 maggio 1994, ha rischiato di rimanere irrisolto. Come tanti misteri che arricchiscono le crime-story che vanno oggi tanto di moda. Non è andata così per merito di un giornale che, in quegli anni ’90, era conosciuto in tutto il mondo: Autosprint. Carlo Cavicchi, direttore all’epoca, guidò una grande battaglia giornalistica per scoprire la verità quando tutto il mondo sosteneva che Senna fosse uscito di pista e si fosse ucciso per un’errore nella guida o per altri motivi esterni.

Non era così e il libro “Senna, le verità” (Minerva), scritto da Franco Nugnes, oggi a Motorsport.com ma, nel 1994, vice-direttore di Autosprint, riannoda i fili di quell’inchiesta e arricchisce di particolari inediti la soluzione del caso. Come ci racconta Cavicchi: «Nel Circus della F.1 si sosteneva che le cause della morte fossero legate a un errore di Ayrton, all’asfalto irregolare oppure ad altre motivazioni assurde. La nostra inchiesta giornalistica sulla morte di Senna ebbe momenti anche drammatici, come si evince dal libro. Contro tutto e contro tutti arrivammo alla verità». Con orgoglio, Cavicchi e Nugnes rivendicano la paternità di quella che, alla fine, si rivelò una verità incontestabile e svelò la causa della morte del più grande pilota dell’epoca.

«Fu Autosprint a scoprire che l’incidente non era dovuto a cause esterne come sosteneva tutta la Formula 1, a cui premeva nascondere sotto il tappeto la verità, ma per la rottura del piantone dello sterzo che aveva costretto Senna a uscire di pista, danneggiare le sospensioni ed essere trafitto da un braccetto di metallo impazzito che gli trapassò il casco e lo colpì mortalmente alla testa».

Nel libro Nugnes fa rivivere attimo per attimo quei passi di giornalismo investigativo e ricostruisce i momenti che portarono alla ricostruzione della verità sul più grande mistero delle corse. «In una foto pubblicata dal nostro giornale, scattata da Angelo Orsi e che raffigurava la Williams di Senna semidistrutta, il pilota Gabriele Tarquini notò un particolare che diede il via alla soluzione del giallo: telefonò in redazione e chiese come mai, nell’angolo della foto, ci fosse quel tubo spezzato, abbandonato ai lati della curva del Tamburello».

Cavicchi rivive quegli attimi anche drammatici vissuti in redazione: «Capimmo subito che era il piantone dello sterzo spezzato e, da lì, partimmo per far venire a galla la verità.
Avevo quasi perso il sonno in quei giorni ma tutti noi andammo avanti convinti di essere sulla strada giusta: ci fu un processo che durò anni ma alla fine stabilì che si era davvero rotto lo sterzo della Williams e aveva portato alla morte di Ayrton». Autosprint, all’epoca un grande giornale, aveva vinto la propria battaglia: fu il trionfo della verità.

Grazie a quel tubo rotto abbandonato in un angolo, il giallo che aveva avvinto la Formula 1 era stato risolto. Merito della rivista che Senna amava e definiva «la Bibbia dell’automobilismo mondiale». Altroché asfalto irregolare o errore di Ayrton.

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