Jannik Sinner, la lezione: "Io portabandiera? Chi lo merita più di me"
"Sono imperfetto, per esempio non mi piace lavare i piatti". Jannik Sinner, intervistato da La Stampa, dà nuova prova di auto-ironia nello "smontare" la sua stessa figurina ma soprattutto si conferma umile e con i piedi per terra quando, facendosi più serio, dice che ci sono atleti azzurri che meritano più di lui di diventare i portabandiera dell'Italia alle Olimpiadi di Parigi, forse l'appuntamento a cui il 22enne di San Candido tiene di più in questa stagione.
"Io portabandiera a Parigi 2024? Secondo me è giusto che lo faccia chi ha già vinto una medaglia d'oro - spiega il tennista, fresco numero 2 del ranking Atp, al quotidiano torinese -. Per me sarà la prima volta. Sento di aver contribuito insieme ad altri a far crescere il nostro tennis, ma ci sono atleti che hanno costruito la carriera sulle Olimpiadi, e lavorano quattro anni per una gara. Ho letto una intervista a Usain Bolt in cui diceva: 'Io lavoro quattro anni per correre in meno di 10 secondi, e c'è chi vorrebbe risultati dopo due mesi'. Per loro è un appuntamento fondamentale. Per noi tennisti anche, ma fra Slam, Masters 1000 e Coppa Davis abbiamo più occasioni. Detto questo, se mi chiedono di farlo, mi farà molto piacere".
Trappola sulla terra rossa e incubo-vesciche: timori per Sinner, cosa può accadere
"Quali gare andrò a vedere alle Olimpiadi? Ancora non lo so, vediamo. Sicuramente l'atletica - ha ammesso il ragazzo che quest'anno ha stupito il tennis mondiale vincendo 3 tornei su 4 disputati, Australian Open, Rotterdam e Miami -. E mi piace molto l'idea di poter incontrare atleti di tante discipline, di confrontarmi con loro".
"Spero di giocare più di un match". Jannik Sinner si nasconde
Tornando ai prossimi appuntamenti della racchetta, "Non ho grandi aspettative. Questa settimana la prendo come l'opportunità di fare un misto di allenamento e partite. Gli obiettivi chiave saranno il Roland Garros e le Olimpiadi, e Roma che per me è molto importante", riflette Jannik sul torneo di Montecarlo, quasi "casa sua" e soprattutto primo banco di prova sulla terra rossa. "Non è la mia superficie migliore. In passato mi è capitato di faticarci un po', e la scorsa stagione non è stata fra le migliori. Ma i miei primi quarti in uno Slam li ho raggiunti al Roland Garros, e li ho fatti anche a Roma. Sarà una stagione lunga e complicata, ma credo di poter giocare bene anche sul rosso - ha proseguito - Djokovic dice che oggi sono il migliore? All'inizio era impossibile. Se ci riesco ora vuol dire che ho imparato da ciò che ho vissuto. Non è detto che vinca tutte le partite nemmeno ora, ma è vero che la differenza sta proprio lì. Per mesi ho fatto sempre quarti, ottavi, qualche volta semifinale, tutti risultati ottimi, soprattutto nei grandi tornei. Mancava l'ultimo passo, ora è arrivato ed è cambiato tutto".