Dario Hubner stronca Ambrosini: "Quando tirava in porta era veramente scandaloso"
Il calcio, la pesca, la vita fuori dal campo. Dario Hubner si è raccontato in una lunga intervista a Fanpage, raccontando diversi aneddoti della sua carriera e dei compagni più cari. Un attaccante vecchio stampo: “Una volta la Serie A era composta da bravi e buoni giocatori, per me il livello era maggiore. Gli attaccanti di Serie A e B degli anni ’90, come Paci, Protti, Tovalieri, Schwoch… era tutta gente che potrebbe giocare benissimo oggi in Serie A — il suo commento — Una volta non si andava in Serie A perché c’erano i grandi campioni: uno come Montella ha fatto 15 gol per diversi anni di fila in Serie A, ma non ha fatto molte presenze in Nazionale perché c’erano i Vieri, gli Inzaghi, i Totti, i Del Piero. Lo spazio era piccolo. Oggi dobbiamo quasi andare a prendere l’attaccante all’estero. La differenza c’è e dobbiamo capire perché”.
L’arrivo nel calcio che conta avvenne a 20 anni: “Giocavo in Prima Categoria e lavoravo, facevo il fabbro — ha raccontato l’ex Piacenza — Ho fatto un paio di tornei e il direttore sportivo del Treviso mi ha visto e mi ha chiamato per fare il ritiro con la squadra che era in C2, ma che quell'anno retrocesse in Interregionale. Io sono passato da fare il fabbro a giocare a calcio". In Serie B a Cesena capii che avrebbe potuto farcela: “Ho cominciato a dirmi, a 25 anni, ‘sì posso fare il calciatore da grande’ — ha aggiunto — Dai 20 ai 25, quando giocavo in C, mi sentivo uno che doveva migliorare e che magari da un momento all'altro poteva finire questa favola: uno che a 20 anni gioca in Prima Categoria non pensa mai che a 30 anni debutterà in Serie A e se qualcuno me lo diceva, lo avrei preso per pazzo".
In Serie A l’arrivo avvenne a 30 anni, col Brescia nella stagione 1997-98, segnando subito a San Siro, all’esordio contro l’Inter: “Un bellissimo gol, poi è arrivato il mio amico Recoba che ho rivisto negli questi anni — ha aggiunto Hubner — Gli ho sempre detto che in cinque anni ha fatto cinque partite con l'Inter e una l'ha fatta contro di me. Se stava in panchina vincevamo 1-0. Invece è voluto entrare e ha fatto due gol, due grandi gol, e mi ha rovinato la giornata. Se stava in panchina era meglio”. Con le Rondinelle trovò in panchina Carlo Mazzone, scomparso lo scorso anno: “Quando ti parlava uno come lui, sapevi che avevi di fronte era uno che aveva fatto tantissime panchine, aveva tantissima esperienza. Se ti diceva buttati nel fosso, ti buttavi nel fosso per lui, perché sapevi che non sbagliavi. Era uno che non si nascondeva, le cose te le diceva in faccia”. Una di queste l’ex attaccante se l’è ben ricordata: “Era uno dei primi che andava a far colazione al mattino e io, di solito, ero uno dei primi giocatori a svegliarsi — ricorda Hubner — Quando andavi giù dovevi sempre salutarlo appena lo vedevi, anche da 10-20 metri, dovevi gridare ‘Buongiorno Mister'. Se andavi vicino e non salutavi lui ti diceva ‘Oh, che ti devo salutare io per primo?’. Allora quando andavamo in ogni trasferta o in ritiro a Brescia e lo salutavi da lontano lui faceva ‘sì' con la testa per dire che andava bene. Ma se non lo salutavi la mattina si incazzava”.
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Sempre in Lombardia, Hubner trovò l’eterno Roberto Baggio: “Siamo amici, non c’è nessun problema tra noi — ha ricordato Hubner — Purtroppo io, tatticamente, non andavo bene per lui. Nel senso che io ero un centravanti che giocava in profondità, cercavo gli spazi e andavo in porta. Lui era trequartista e voleva un centravanti che giocasse di sponda: infatti sono andato via io ed è arrivato Toni”. Il Divin Codino era una persona “eccezionale, tranquilla, uno a cui vuoi bene per forza — ha detto ancora — Quando è venuto da noi, che noi eravamo il Brescia e lui era Roberto Baggio, ci ha messo in tranquillità. Ci ha fatto capire ‘sono come voi, sono tranquillo, non preoccupatevi, cioè, se dovete mandarmi a quel paese, mandatemi, non c'è nessun problema'. È proprio una persona umile, una brava persona”.
Un ricordo, infine, Hubner lo ha dedicato a Massimo Ambrosini, che a Cesena sgridava sempre perché non era capace di calciare in porta di collo ma soltanto di piatto: "È tutto vero — ha chiuso l’ex attaccante — Massimo è uno dei più bravi ‘colpitori’ di testa che abbia mai visto. Aveva un tempo, era un fenomeno. Però a calciare in porta era scandaloso, veramente scandaloso. Era un corridore, si vedeva che era un centrocampista che avrebbe fatto carriera perché era veramente bravo, aveva la stessa sulle spalle ed era un ragazzo serio. Lo guardavo come si allenava: era sempre attento, guardava tutto e stava zitto. È migliorato tanto ed è arrivato al Milan perché aveva qualità".