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Allegri a lezione da Tudor: "Una settimana meglio di tre anni"

Claudio Savelli
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Italiani popolo di santi, poeti e Gasperini. Cioè allenatori che si ispirano al più longevo dei colleghi in serie A, ormai da otto anni sulla panchina dell’Atalanta e capace di innovarsi senza mai perdere l’identità. Un’identità che ha fatto la sua fortuna e quella di molti altri: Palladino e Juric che si sfidano, Thiago Motta che ha mescolato il calcio del Gasp con l’apprendistato catalano, e Tudor che torna nella patria del gasperinismo. Come si fa a dire che l’allenatore conta poco? È tanto, quasi tutto. Lo dimostra questa stirpe di gasperiniani che ha fatto suo un gioco particolare, diverso, che qualche anno fa sembrava impraticabile ai massimi livelli e invece ora è il marchio della serie A.

Tutti sanno come gioca l’Atalanta, eppure ogni tanto capita qualcuno che non ci capisce niente. Stavolta è il Napoli e non è un caso. Calzona ha avuto pochi giorni per preparare la partita, a conferma che il doppio ruolo è una forzatura a certi livelli - e non è che per uno si può spostare tutto un campionato o le nazionali di tutto il mondo. Il motivo per cui il Napoli crolla è che non prende contromisure all’Atalanta. Se tutti gli altri, da ormai otto anni, modificano qualcosa quando affrontano Gasp, un motivo ci sarà. Calzona è stato superficiale in questo caso, anche se, nel poco tempo che ha, deve ricostruire una base di gioco e di identità che è stata distrutta dalle scelte psichedeliche di De Laurentiis e da due allenatori, Rudi Garcia e Mazzarri, fermi allo scorso decennio per idee, modi di fare e allenamenti. I vari Juric e Palladino sono stati furbi a cavalcare l’onda del gioco di Gasperini, che offre una base facile da apprendere.

 

 

 

La sfida in campo è tattica mica per niente e decisa in favore dei granata da un rigore a dir poco fantasioso. Ma tra i due è Palladino ad aver innovato meglio il sistema-Gasp inserendo concetti del gioco associativo, seppur in misura minore di Thiago Motta, e guadagnandosi così l’attenzione delle grandi (il Napoli farebbe bene ad affondare il colpo) che Juric non riesce ad avere. A proposito di immediatezza del gioco gasperiniano, Tudor organizza il pressing della Lazio in dieci giorni mentre Allegri non è riuscito a farlo in tre anni. Forse perché l’uno crede nell’importanza di questa fase del gioco, l’altro invece la ritiene inutile. Che poi la Lazio fatichi a reggere l’intensità richiesta da Tudor per tutta la gara è un altro discorso, ma che sia cambiata in pochi giorni è un dato di fatto che smentisce il cliché per cui serve tempo.

 

 

 

Se sai cosa fare, di tempo non ne serve molto. Allegri sceglie il 4-3-3 per la prima volta in stagione per mettere Chiesa all’ala contro un quinto bloccato come Marusic, in campo solo per contenerlo, e di là piazza Cambiaso che è tutto tranne che un’ala. Ovviamente all’intervallo si rimangia tutto e ristabilisce il 3-5-2 d’ordinanza: avrà schierato il modulo richiesto dal popolo per dimostrare che non funziona e che, quindi, ha ragione lui? Chissà. Nel dubbio, parafrasando un suo collega estromesso dal giro più o meno per gli stessi motivi:noi non siamo pirla.

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