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Sinner, il colpo pazzesco che ha stroncato De Minaur

Roberto Tortora
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Iniziare la settimana da numero 3 del mondo, beh… c’è chi sta decisamente peggio. Il trionfo all’ATP500 di Rotterdam di Jannik Sinner è un’altra pagina di storia, non solo quella sportiva di un 2024 fin qui impeccabile, ma anche del tennis italiano che, per la prima volta nell’era Open, può vantare un atleta sul podio dei grandi del mondo. Bella la finale contro l’australiano De Minaur, vinta 7-5, 6-4 in due ore e sei minuti di gioco.

Lo scambio e lo smash conclusivo pazzesco con cui ha annullato il break all’avversario, in vantaggio 2-1 nel secondo set, è la dimostrazione che l’altoatesino è un tennista completo e scaltro, capace di trovare la soluzione giusta nei momenti topici. A 22 anni, Sinner ha già dodici titoli in bacheca, tra cui una Coppa Davis e gli Australian Open. Sembra il prologo di un romanzo stupendo, da premio Strega. 

 

 

 

Ora l’altoatesino potrà godersi finalmente la sua famiglia, che non vede da prima della partenza per l’Australia, trentasei ore appena a Montecarlo e poi di nuovo valigie pronte, per volare sul cemento statunitense. Si comincia a Indian Wells, il 29 febbraio, dopodichè ci sarà il Miami Open, il 17 marzo. Una superficie veloce che ormai Sinner sembra padroneggiare come il pavimento di casa sua, frutto della sua intensa applicazione nel lavoro quotidiano e dalla capacità di non farsi distrarre da agenti esterni. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, il tennista di Sesto Pusteria spiega il segreto del successo: “Ogni variazione del fisico si riflette sul gioco, come nelle macchine.

 

 

 

La vittoria arriva da lontano, da tutti i sacrifici che non vedete. La fatica, il sudore, le ore in palestra, i sacrifici. La mia testa e il mio sguardo sono costantemente rivolti al miglioramento, facciamo sempre tutto in maniera molto professionale". Ora che la terza piazza è conquistata, il mirino si sposta più in su, al secondo e al primo gradino del podio: “Intanto mi godo questo 3 che per me significa maggiore consapevolezza e fiducia. Nel lavoro che facciamo, nel mio team, nella strada che abbiamo intrapreso e su cui dobbiamo continuare a camminare”.

 

 

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