Cerca
Logo
Cerca
+

Maignan, per quattro razzisti pagano tutti i veri tifosi

Daniele Dell'Orco
  • a
  • a
  • a

Il giudice sportivo ha ufficializzato la decisione di condannare l’Udinese a giocare una partita a porte chiuse dopo i cori razzisti subiti dal portiere del Milan Mike Maignan durante l’ultima gara di serie A. Il 3 febbraio contro il Monza, quindi, i friulani dovrebbero ritrovarsi senza pubblico sugli spalti. Il condizionale è d’obbligo, sia visti i precedenti sia la “particolare” interpretazione del regolamento da parte di Gerardo Mastrandrea. Codici alla mano, a far sì che alla vicenda, oggettivamente incresciosa, mancassero gli estremi per una decisione del genere c’è l’assenza di un parametro decisivo, fissato dalle norme e teoricamente non interpretabile: la diffusività. Secondo l’articolo 28 del codice di giustizia sportiva, le società sono ritenute responsabili per cori che siano espressione di discriminazione «per dimensione e percezione reale del fenomeno». Il giudice sportivo, nel comunicato diffuso ieri ha forzato la mano parlando di episodi reiterati e soprattutto del fatto che «non sono state riportate, durante e dopo i fatti, e nonostante i 2 annunci al pubblico, chiare manifestazioni di dissociazione da tali intollerabili comportamenti da parte dei restanti sostenitori». In sostanza, sebbene i colpevoli effettivi siano stati tre o quattro disadattati, la responsabilità collettiva è scattata perché il r resto dello stadio non li ha fischiati.

Ma come avrebbero potuto sentirli tutti i presenti se lì per lì non li hanno ravvisati nemmeno il responsabile dell’ordine pubblico, il delegato della gestione dell’evento e i dirigenti accompagnatori delle due squadre, oltre agli stessi componenti del team arbitrale? Li ha ovviamente sentiti Maignan, e con lui uno solo dei due ispettori della procura che si trovava tra la panchina bianconera e la curva. Ma non è stata la platealità o il numero degli insulti a far scattare l’allarme, bensì l’indignazione, giustificata, del portiere francese. L’Udinese calcio ha deciso di non commentare la sentenza del giudice sportivo e si riserva di valutare, nelle prossime ore, se presentare ricorso. Probabilmente lo farà e sarà forte di un precedente eclatante: i cori razzisti contro Romelu Lukaku da parte dei tifosi della Juve durante la semifinale di Coppa Italia dello scorso anno. Sebbene fossero stati identificati e “daspati” quasi 200 tifosi, e sebbene i bianconeri subirono la condanna alla chiusura della curva, il ricorso della Signora venne accolto dalla Corte sportiva d’appello della Figc e la punizione venne annullata. Del resto, l’Udinese ha fatto il possibile per collaborare con forze dell’ordine e organi competenti. C’è infatti un primo indagato per la vicenda, individuato dalla polizia di Stato di Udine nel corso delle indagini grazie al supporto dell’impianto di video-sorveglianza nello Stadio.

 

 

Il soggetto in questione pronunciava invettive a sfondo razzista: «Ne**o di m...» ripetuto per dodici volte. È stato bandito a vita dall’Udinese. La discussione, intanto, prosegue. Specie quella su quali misure prendere per evitare che episodi del genere si ripetano. Le conseguenze nell’immediato possono essere: chiusura del match, sconfitta a tavolino o interruzione della partita (com’è stato fatto durante Udinese Milan). Secondo il presidente della Figc, Gabriele Gravina «la sospensione di una gara è un messaggio molto forte mala chiusura definitiva di una partita di calcio con 20, 30, 40, 50 o 60mila spettatori è un problema di ordine pubblico e non spetta a noi sostituirci a chi ha il dovere, l’obbligo, il diritto di gestire l’ordine pubblico». Il presidente della Fifa, Gianni Infantino, in questi casi ha proposto la sconfitta a tavolino.

 

 

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi invece ha detto: «Vanno individuati strumenti che, oltre alla chiusura degli stadi e delle curve, rendano ancora più incisiva la risposta dello Stato verso gli autori di questi gravissimi gesti». Chissà che non intenda avvalersi del software di riconoscimento facciale di cui ha parlato l’amministratore delegato della Lega Serie A Luigi De Siervo. Di sicuro, anziché crocifiggere i club oppure optare per la responsabilità collettiva che mette società e tifosi per bene alla mercé di pochi cretini, si potrebbe iniziare a rivedere le pene nei confronti dei veri responsabili. Oltre ai daspo, ad esempio, i matti di Udine rischiano sanzioni penali (istigazione all’odio razziale). Il problema è che per le centinaia di “colleghi” di Juve-Inter finiti nelle braccia della Procura di Torino finì tutto a taralli e vino: quando il clamore mediatico scomparve, venne chiesta l’archiviazione per l’articolo 131 bis del codice penale, che pur riconoscendo una colpa, prevede l’esclusione della punibilità per “particolare tenuità del fatto”.

Dai blog