Yildiz, l'arma-scudetto della Juve: così Allegri proverà a fregare Inzaghi
Frattesi dà all’Inter ciò che Arnautovic e Sanchez stanno togliendo. Ovvero l’atteggiamento giusto quando si entra e, di conseguenza, i gol decisivi. Quello al Verona lo segna solo un giocatore che annusa nell’aria la giocata della svolta, che si vede come uomo decisivo nel momento di difficoltà, che immagina una conclusione epica della partita.
Non di certo uno che sbuffa e ciondola (Arnautovic) né uno che si specchia (Sanchez). In situazioni di totale caos come nel finale del Meazza, paga la sana follia di un giovane che vuole mettersi in mostra più che l’esperienza di due 34enni: promemoria per chi vuole vincere uno scudetto. Quel gol lo devi annusare, sentire, sognare, altrimenti sulla respinta del portiere non ci vai. La positività d’animo di Frattesi vale più dei due punti che porta in dote perché le vittorie che arrivano nel recupero, strappate tra mille polemiche, in risoluzione a partite pazze giocate nel momento meno brillante della stagione, lasciano euforia a chi le conquista e sensazioni negative a chi le "subisce”. Nel caso specifico, la Juventus. Quando si assiste a scene del genere è facile pensare "è il loro anno" e alzare bandiera bianca alla prima difficoltà, ma Allegri è troppo esperto per cascarci e ha già avviato un lavoro psicologico preventivo per proteggere i suoi da questi colpi bassi, martellando sull’obiettivo Champions e nulla di più. Una bugia bianca.
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Sempre più spesso il dodicesimo uomo è anche l’uomo-scudetto. È naturale che sia così nell’era delle cinque sostituzioni che allineano l’importanza di chi entra rispetto a quella di chi inizia, ma non è scontato. Sono figure precise da individuare e inserire in rosa. Lo scorso anno furono decisivi Simeone e Raspadori, capaci delle reti pesanti in assenza di Osimhen: l’argentino segnò in particolare nei 2-1 al Milan e alla Roma, due scontri diretti risolti di misura, mentre l’italiano timbrò contro lo Spezia e la Juventus, gare terminate 1-0. Poche reti ma decisive peri punti, il morale, la continuità della squadra nel lungo cammino verso lo scudetto.
L’anno prima, l’uomo dell’avvento fu Tonali, a suo modo dodicesimo uomo se è vero che nell’anno precedente non fu all’altezza del Milan: suo il gol del 2-1 alla Lazio che ha dato lo slancio definitivo per lo scudetto, oltre alla successiva doppietta al Verona e al decisivo timbro all’andata contro l’Atalanta. E, ancora, l’anno precedente fu Eriksen a trasformarsi da riserva a titolare e a dare la forma vincente all’Inter di Conte. Gli uomini in grado di subentrare e incidere bisogna averli, sono un investimento, e bisogna averli nella mentalità corretta, che non è affatto facile da avere.
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Uno come Frattesi, ad esempio, avrebbe potuto deprimersi per una stagione che non lo vede mai titolare: in 19 giornate di campionato finora è partito dall’inizio solo una volta. Una. Eppure ha dichiarato in settimana di essere felice e di sentirsi importante. Dopo il gol al Verona lo ha ribadito. E questo è un merito sia di Frattesi sia dell’Inter come gruppo squadra e società, capaci di far passare il messaggio per cui tutti sono non importanti ma fondamentali. Un messaggio che passa anche nella Juventus, motivo per cui pure Allegri può facilmente estrarre l’uomo dal cilindro, anche perché era un maestro a intuire i momenti e a lanciare nella mischia, senza paura, i calciatori nel momento giusto. Anni fa conquistò qualche punto chiave con un giovanissimo Kean, che ora potrebbe andare via per lasciare minuti a Yildiz, il primo candidato al ruolo di comparsa decisiva.