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Mancini, un retroscena impensabile: "Cosa abbiamo comprato per Vialli"

Hoara Borselli
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«Tre mesi fa ho sognato Luca: era nel letto, si stava per addormentare e io gli rimboccavo le coperte». Inizia così la nostra chiacchierata con Roberto Mancini. Luca è ovviamente Gianluca Vialli. Se n’è andato giusto un anno fa, il bomber. Ha lasciato il vuoto in molti suoi amici. Vialli non è stato solo uno dei più grandi campioni di calcio del dopoguerra: era un uomo formidabile, magnetico, dolcissimo, un amico che valeva più di un fratello. Con Roberto Mancini formavano una coppia da sogno. Chi se la dimentica quella Sampdoria che portò Genova vicino alla vetta d’Europa? Roberto Mancini, che era il numero 10 in quella squadra nella quale Luca era il 9, e che lo ha voluto con lui in Nazionale quando l’ha allenata, e che insieme a lui ha vinto il titolo europeo tre anni fa impossibile non ricordare l’abbraccio tra i due, dopo aver battuto l’Inghilterra ai rigori. Proprio Mancini mi parla del suo amico, e coniugai verbi al presente perché mica ci crede tanto, che Luca se ne sia andato davvero. Lo ascolto, prendo appunti, ma non ho il coraggio di correggerlo.

Mister, come vive questa ricorrenza?
«Il primo pensiero è che Luca non se n’è mai andato, è sempre qui con me, con noi. Le persone come lui non possono mai andare via. Rimangono per sempre. Luca rimane per sempre».

Ci pensa spesso?
«Impossibile non pensarci. Abbiamo vissuto talmente tanti anni insieme, soprattutto gli ultimi, che è sempre nella mia mente. C’è sempre qualcuno o qualcosa che me lo ricorda».

Cosa le manca più di lui?
«Poterci parlare, confrontarmi, condividere».

C’è stato un momento quest’anno in cui lei, mister, avrebbe avuto bisogno di un consiglio di Luca?
(Ride) «Come no, se c’è stato...».

Ce lo dica.
«Può immaginare quale! Quando ho preso la decisione di lasciare la Nazionale italiana e accettare la proposta di allenare quella saudita. Sarei stato curioso di sapere quale sarebbe stata la sua reazione, il suo pensiero, il suo consiglio»..

Cosa avrebbe chiesto a Luca?
«Bomber, cosa devo fare? Qui la situazione si sta un po’ ingarbugliando , non è più come prima, mi si è presentata questa possibilità, devo fare un cambio di vita professionale importante. Cosa ne pensi? Vado o non vado, o meglio, andiamo o no?».

E secondo lei cosa le avrebbe risposto?
«Roby, pensiamoci un attimo per bene, perché comunque cambi totalmente la tua vita, è un calcio diverso, una situazione diversa. Rifletti».

Possiamo dire che Luca, della coppia, era la parte razionale e riflessiva?
«Sicuramene sì. Io sono sempre stato l’impulsivo dei due. Per questo eravamo perfetti insieme».

Mister, dove immagina avreste preso, insieme, quella difficile decisione?
«Sicuramente a Genova, doveci sentivamo a casa. Da Carmine a Piedigrotta, che era il nostro ristorante. Era lì che si prendevano sempre tutte le decisioni importanti».

Prima, come rivolgendosi a Luca, ha detto: «Cosa facciamo bomber, andiamo o non andiamo?». Dopo l’esperienza degli Europei vinti insieme, avrebbe portato Luca con lei in Arabia?
«Assolutamente sì, senza alcuna ombra di dubbio. Se avessimo deciso insieme di fare questa esperienza, lui sarebbe stato accanto a me».

Ci dica la verità, mister: le è mancato il consiglio di Luca?
«Sì, mi è mancato tanto. Pensi che quando mi chiamarono per allenare la Nazionale nel 2018, la prima persona che ho chiamato è stato lui. Per me questa è l’amicizia. Un amico vero non hai bisogno di vederlo o sentirlo sempre, ma nei momenti importanti è la prima persona che chiami».

Certo che Luca un anno fa le ha fatto davvero un bello scherzo...
«Sì, ha fatto un bello scherzo un po’ a tutti. Lui è così, ama gli scherzi, è sempre allegro, brillante. Una persona straordinaria. Era anche molto serio, Luca, ma nei nostri otto-nove anni vissuti praticamente in simbiosi, sono stati di più i momenti in cui ci faceva ammazzare dal ridere. È una delle persone più simpatiche che io abbia mai conosciuto».

Da pochissimo è uscito un libro dedicato proprio a Luca, “Le cose importanti “. Lei, mister, ha curato la postfazione, ed è un dialogo tutto al presente tra lei e Luca. Non riesce proprio a parlarne al passato.
«Per me Luca non se n’è andato. Quando penso, parlo o scrivo di lui, esiste solo il presente».

Mister, da pochi giorni siamo entrati nel 2024. Che anno professionale l’aspetta?
«Il 12 gennaio inizieremo la Coppa d’Asia, che è l’equivalente del campionato d’Europa. La giocheremo in Qatar. In questo momento siamo in preparazione. Il mio 2024 inizia con una competizione importante. La Nazionale saudita non parte favorita, ci sono tante squadre più forti di noi sulla carta, però ce la metteremo tutta per giocarcela al meglio».

Lei ha giocato e ha allenato ad altissimi livelli in quello che era un calcio europeo. Che calcio ha trovato in Arabia?
«Un calcio totalmente diverso. Sta sicuramente migliorando, visto che stanno arrivando molti giocatori bravi, ma non è una cosa immediata, ci vorrà del tempo affinché possa diventare veramente competitivo. Qui bisogna partire dalla base, ma ho trovato un gruppo di ragazzi disponibili a migliorarsi. Per me sarà una bella sfida».

È la sfida più difficile che ha dovuto affrontare nella sua carriera d’allenatore?
«La più difficile in assoluto, ma sicuramente avvincente e stimolante».

Mister, lei è consapevole che la scelta di lasciare la panchina dalla Nazionale e accettare l’offerta araba non è stata accettata di buon grado dalla maggior parte dei tifosi italiani, diciamo anche da gran parte della stampa, che non le ha risparmiato feroci critiche? Si aspettava una reazione di tale portata?
«Posso comprendere la reazione dei tifosi, che possono non aver capito e accettato la mia scelta, condizionati anche da cose non vere che sono state scritte sui giornali. Questo è quello che mi è dispiaciuto maggiormente. Stiamo però parlando di vita professionale, e quando si fanno delle scelte vanno accettate. Per me questo è lavoro, ne va della mia vita. Quante volte un allenatore viene esonerato dopo che ha fatto un grande lavoro e nessuno ne parla? Noi allenatori possiamo essere esonerati o possiamo andare via. È la normalità».

Tornando a Luca, ci dica una frase che ripeteva sempre e ha fatto sua.
«“Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”». Ha qualcosa di Luca che porta con lei? «Sì, un libro che mi regalò prima di iniziare la mia avventura in Nazionale cinque anni fa. Il libro titola così: “Niente teste di cazzo”».

Di cosa parla?
«È un libro che parla degli allenatori degli “All Blacks”. Come sono riusciti a diventare una squadra. Parla del rapporto fra allenatori e giocatori»

Ha fatto sua qualche cosa del libro?
«Sì, che a volte è meglio rinunciare a un giocatore con grandi qualità ma che non sta nel gruppo e inserire uno con meno doti tecniche ma importante per il gruppo. Perché dà di più».

Mi racconta di quella volta che insieme a Luca vi siete travestiti da popstar inscenando un vero e proprio concerto? (Ride)
«Sì, è stato un momento favoloso. Ogni volta che ci penso, rido da solo come uno scemo. Avevamo appena vinto lo scudetto con la Sampdoria, era il ‘91. Era stato allestito un palco con davanti a tutti i tifosi, noi ci travestimmo dal noto gruppo della rockband svedese che era in voga in quegli anni, gli “Europe”. Fingemmo di suonare e cantare».

Nessuno se ne accorse?
«Nessuno. Ci cascarono tutti, finché ad Attilio Lombardo cascò la parrucca e ci scoprirono. Quanto ridere!».

Ora mi dica la composizione della band, che sono curiosa.
«Io, Luca e Attilio Lombardo eravamo i chitarristi, Ivano Bonetti e Moreno Mannini alla batteria».

Scusi, ma il cantante?
«Cantavamo a turno un po’ per uno. Male, malissimo. Non c’era il solista».

È vero che insieme ai suoi compagni della Samp, quest’anno, avete fatto un acquisto importante ? E non parlo di giocatori...
«Sì, è vero. Abbiamo tutti insieme ricomprato una vecchia Cadillac che Luca acquistò quando aveva 24 anni. Quanto abbiamo cazzeggiato, su quella macchina!».

Acquistata da chi?
«La famiglia l’aveva messa all’asta e noi tutti, senza pensarci un solo secondo, l’abbiamo immediatamente ricomprata. Siamo certi che Luca È felicissimo che la sua amata Cadillac l’abbiamo ancora noi».

E cosa farete, la guiderete a turno?
«No, è un’auto d’epoca che abbiamo deciso di utilizzare solo a scopo benefico . Per ciò che quella Cadillac ha rappresentato per Luca e per tutti noi, non potevamo permettere che qualcun’altro la acquistasse».

Luca la sta ascoltando. Cosa gli vuole dire?
«Luca, io lo so che ora sei in un bel posto: fammi la cortesia, salutami il presidente Mantovani, il dottor Borea, il mister Boskov, e abbraccia forte Sinisa. Ora vado a fare allenamento, che qui c’è tanto da lavorare. Ciao bomber!».

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