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Djokovic, "il mostro serbo se lo è mangiato": rumors, perché Sinner è crollato

Leonardo Jannacci
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Quando un tennista con la pistola incontra un tennista col fucile, quello con la pistola è un tennista sportivamente ko. La citazione tanto cara ai western di Sergio Leone illustra la fine che Jannik Sinner ha fatto nell’atto conclusivo delle Finals torinesi 2023. Una sconfitta tagliente (6-3, 6-3) ma che non cancella minimamente i meriti acquisiti dal rosso di San Candido nel corso di una settimana che l’ha visto in finale nel torneo dei campioni, laddove mai prima d’ora un italiano era arrivato. Sinner, quindi, come l’Inter dello scorso anno, giunto all’atto conclusivo della Champions dopo partite esaltanti e piegata solo dal City cannibale. Finale che ha reso da allora i nerazzurri più sicuri dei propri mezzi, come accadrà nel 2024 all’altoatesino che ormai ha raggiunto una grande consapevolezza di se stesso.

Tornando a Jannik, al quale va inviato l’affettuoso e sentito tweet “Grazie lo stesso!”, non era questa la conclusione che si aspettava. Il cowboy con il fucile nato a Belgrado ha prodotto servizi, diritti e rovesci come fossero missili, di una potenza incontrollabile per un ragazzo che aveva vinto, sino a quel momento, tutte e quattro le partite giocate qui alle Finals ma che è sceso in campo spento, quasi svuotato di energie (29 errori gratuiti!), come se le forze le avesse messe tutte nelle imprese che gli hanno consentito di arrivare fino in fondo.

Il tipo con la pistola della metafora western, difatti, alla fine è stato proprio Jannik, diventato in questi giorni senza fiato lo sportivo più popolare, celebrato e amato destinato a far parlare molto di sè negli anni a venire. Il 22enne che ha stregato per una settimana l’Italia facendo diventare esperti di tennis persone che, sino a qualche giorno fa, manco sapevano l’esistenza dei termini “voleè”, “break” o “ace”.

 

FENOMENO
Dall’altra parte della rete, il fenomeno che ha imbracciato il suo Winchester si chiama Nole Djokovic ed è un fenomeno di 36 anni, vincitore di 24 Slam (più di Federer e Nadal), 97 tornei (40 dei quali di grado 1000), una Coppa Davis e, con quella di ieri, sette edizioni delle Finals di fine anno che eleggono il maestro dei maestri. Forse non il più grande di tutti i tempi (Laver e Federer se la giocano nel cuore e nei ricordi degli esperti) ma il più vincente come ha ben capito il nostro rosso di San Candido.

La finale, giocata in un PalAlpitour pieno “in ordine di posti”, con 12.800 persone molte delle quali hanno sospirato illudendosi per il rosso di San Candido, è stata purtroppo a senso unico e Djokovic ha fatto intendere sin dalle prime palle di aver metabolizzato bene il ko subito nel round robin, cinque giorni prima. Ha cominciato macinando prime di servizio (con l’80% di riuscita) vicine ai 200 km/orari, ha bombardato il rovescio di Jannik cercando poi soluzioni sul diritto quando ha visto il rosso di San Candido stanco, dopo scambi mortiferi. Sul 2-1 ha centrato un break maligno per poi tenere il servizio e chiudere in 38 minuti il set. Le speranze di Jannik sono state riposte nella seconda frazione e l’intera arena torinese ha pregato che lo spartito cambiasse musica a favore dell’italiano. Tutto vano: Djokovic, freddo e calcolatore, ha tolto nuovamente il servizio a Sinner, si è issato sul 2-0 mettendo fieno in cascina. Sinner ha avuto una chance di ritornare in partita quando ha cercato di brekkare Nole sul 2-3 e sul 3-4 ma il mostro serbo se l’è mangiato e ha chiuso nuovamente con un perfido 6-3.

 

RAGAZZO ONESTO
«Complimenti a Nole, è un campionissimo, un’ispirazione per me che devo migliorare ancora. Io e il mio team possiamo ancora fare tanto di più» ha riconosciuto Sinner che avrebbe potuto eliminare Djokovic nel round robin, perdendo con Rune, ma sportivamente non l’ha fatto e ha preferito misurarsi con lo sport nel suo aspetto più puro, da ragazzo onesto qual è distante dai sotterfugi. «Battere Jannik non è stato facile e sono strafelice di aver vinto la mia settima Finals contro di lui perché ha giocato un tennis straordinario, come Alcaraz in semifinale», ha risposto Djokovic mentre si godeva il settimo sigillo nelle Finals, superando anche Federer. Un record, l’ennesimo quello raggiunto ieri sera dal campionissimo serbo, il più grande vincente che la storia del tennis ricordi. Chapeau a Nole ma arrivederci a Jannik.

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