Calcioscommesse, "puntavano anche i dirigenti": l'accusa che stravolge il quadro
Marco Paoloni sa bene cosa significa essere ludopatici. L’ex portiere di Cremonese e Benevento è stato costretto a ritirarsi a 27 anni per uno scandalo legato dal calcioscommesse: addirittura fu accusato di aver messo del sonnifero nell’acqua dei compagni di squadra durante l’intervallo di una partita per condizionare il risultato. Per questo motivo fu radiato, salvo poi essere assolto quasi vent’anni dopo dalla giustizia penale. Intervistato dal Corriere della Sera, Paoloni ha ripercorso quegli anni terribili.
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“In tre anni ho perso scommettendo circa 600mila euro - ha dichiarato - ne prendevo 200 mila all’anno di stipendio. Ho iniziato ad Ascoli con un compagno di squadra che mi fece vedere un sito, un po’ come Fagioli con Tonali. Io non lo sapevo ma dietro c’era la malavita, tutto partiva da Singapore”. Per Paoloni si tratta senza ombra di dubbio di una malattia: “Era diventata una dipendenza. Nelle scommesse ritrovavo quella sensazione ed era un mondo tutto mio, bastava un clic, nessuno mi vedeva... Non era dunque tanto una questione di denaro. Solo chi si vende le partite lo fa per questo. Il fatto è che non mi sono reso conto di aver superato il limite. Ero arrivato a stare sveglio di notte e il divertimento si è così trasformato in malattia. Ero diventato ludopatico”.
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Secondo Paoloni i calciatori non sono gli unici a scommettere: “Il fenomeno era molto diffuso. Soprattutto fra i giocatori ma talvolta lo facevano anche i vertici delle società. Per loro era però diverso. Loro non erano malati. Cercavano solo di far quadrare i conti delle società. Parlo della mia epoca, ma penso che le cose non siano cambiate molto. Quella delle scommesse è una giostra di soldi che fa comodo a tutti”.