Pecco Bagnanaia, il miracolo del predestinato: "In che condizioni corre a Misano"
Piloti che gente, diceva Enzo Ferrari. E si riferiva a tutti quei ragazzi che, non conoscendo il significato della parola paura, si infilano tuta e casco per cavalcare una moto o entrare nell’abitacolo di un’auto. E, con il gas a martello, si dannano per arrivare davanti agli altri, incuranti dei pericoli e di quello che può accadere in quella curva. L’eponimo del Drake era Tazio Nuvolari, campionissimo delle due e delle quattro ruote. Il talento attuale che sta ricalcando le orme dei grandi centauri della storia- e qui citiamo Giacomo Agostini perché lo stesso Ago ci confessò che Pecco gli somiglia e, ovviamente, il nove volte campione del mondo Valentino Rossi - è Pecco Bagnaia. Il ragazzo di Torino è un predestinato sin da quando mise piede nel circus e stupì il mondo vincendo nel 2018, a 20 anni, il mondiale delle Moto2 con il team VR46 diretto, guarda un po’, da Valentino.
Accadimenti come quello visto in mondovisione domenica sulla pista di Barcellona, danno un sapore diverso alla semplice cronaca. Rasentando la follia, i protagonisti di incidenti paurosi come quello di Bagnaia - e come quello occorso a Bastianini che salterà Misano - entrano nell’aneddotica oltrepassando la porta del mito. Dopo l’incidente e un esame accurato in ospedale, Pecco è rientrato in Italia sulle stampelle. La tremenda botta sulla gamba, spiattellata dalla moto di Binder, non è stata fatale per l’arto, salvato grazie alle protezioni semirigide della tuta e alla pelle antiattrito con cui viene realizzata.
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ESORCIZZARE L’ACCADUTO
Nessuna frattura o peggio, è stato il responso incoraggiante. Intervistato, il ragazzo di Torino ha parlato dapprima dell’incidente e poi delle sue condizioni fisiche: «Avevo poco grip e la caduta non è stata normale. Il volo è stato incredibile... Come sto? Benino, farò di tutto per essere a Misano e, magari, fare del mio meglio». Proclama confermato ieri da Davide Tardozzi, team manager Ducati, uno che conosce Pecco come fosse un figlio: «Fortunatamente non ci sono fratture, molto probabilmente sarà in pista a Misano». Vero che nel mondo delle corse la prima cosa da fare dopo un incidente è tornare subito in pista per esorcizzare l’accaduto e non avere tempo di rifletterci sopra. Mala domanda è lecita: chi sono veramente questi centauri? Incoscienti? Uomini di acciaio? Ragazzi senza limiti? E chi è veramente Pecco Bagnaia, campione del mondo con la Ducati, in procinto di vincere il secondo titolo a bordo della navicella spaziale che viene costruita a Bologna e che sta facendo arrossire potenze industriali del calibro di Honda, Yamaha e Suzuki? Ago ha detto, tremando davanti alla televisione nel momento del terribile incidente: «Meno male, quando Binder è passato con la moto sulla gamba di Pecco mi è venuto in mente il tremendo incidente che coinvolse Simoncelli e nel quale Marco perse la vita. Qualcuno da lassù ha protetto Bagnaia». Lo stesso Valentino ha vissuto un’esperienza simile, anzi due. Nel 2010 il Dottore venne disarcionato dalla sua Yamaha e lanciato in aria proprio come Bagnaia domenica scorsa. Cadendo si fratturò una caviglia. Stagione finita? No, il nove volte campione del mondo tornò in pista dopo un solo mese di gesso. I dottori gliene avevano prescritti tre.
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IN LACRIME
Nel 2017, poi, si procurò in allenamento la doppia frattura di tibia e perone. Dopo 18 giorni, con le ossa della gamba non ancora ben saldate, si presentò ad Aragon e arrivò quinto. Loris Capirossi fece anche di meglio: si fratturò una mano alla vigilia del Gran Premio di Assen del 2000 ma non se la fece ingessare, strinse i denti e gareggiò. Arrivò terzo e, subito dopo il traguardo, in lacrime si infilò nell’ospedale mobile per farsela finalmente ingessare dal dottor Claudio Costa, un mezzo stregone oltre che un grande medico. Non stupitevi, quindi, se giovedì Pecco sarà a Misano perla consueta conferenza stampa pre weekend di gara, come nulla fosse accaduto a Barcellona pochi giorni prima, quando ha visto la morte in faccia. Ammaccato, con le stampelle, sofferente, farà il possibile per essere in pista davanti ai suoi tifosi e vestire i panni di un moderno cavaliere del rischio. È un pilota romantico? Anche. Ma se lo chiamassimo supereroe Marvel?