Milan, il segreto di Pioli: così ha asfaltato Mourinho
Se la parabola del Milan è ascendente, quella della Roma è discendente. Nessuna delle due ha cambiato allenatore ma entrambe hanno modificato il modulo di gioco attraverso il movimento di una pedina apparentemente secondaria e invece fondamentale. Il Milan è passato al 4-3-3 trasformando il vertice alto in un vertice basso e i due mediani in mezzali. Il cambio di sistema apre a Pioli un mondo di possibilità tattiche che in un sistema più rigido come il 4-2-3-1 non erano possibili. La più evidente contro la Roma è Calabria che, in fase di prima costruzione della manovra, abbandona la zolla del terzino e si posiziona davanti alla difesa al fianco di Krunic. Un palleggiatore in più al centro manda fuori giri la Roma, che corre a vuoto.
Dopo un mercato in cui la dirigenza ha seguito le sue indicazioni, Pioli ha guadagnato grande fiducia in sé e nella squadra che allena, condizioni necessarie per proporre queste piccole rivoluzioni. La Roma ha abbassato un trequartista e trasformato il 3-4-2-1 in un classico 3-5-2. Così si è spezzata in due blocchi, difesa-centrocampo e i due attaccanti, e non riesce a trasferire il pallone dalla prima ai secondi. La trequarti con due rifinitori era un appoggio per una squadra troppo elementare per il calcio contemporaneo. I giallorossi spedivano il pallone lì, tra i piedi di Dybala e Pellegrini che davano respiro e lo ripulivano, e intanto risaliva il campo.
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Ora quella zona lavatrici non esiste più e la Roma è davvero un difesa-e-contropiede, solo che non ha centrocampisti in grado di correre in verticale, non ha mezzofondisti sugli esterni e non ha un centravanti capace di spingere il pallone. È arrivato Lukaku, ma deve essere il miglior Lukaku. Al contrario di Pioli, Mourinho non sembra credere nella rosa a sua disposizione e nemmeno in se stesso, il che è una notizia. Dov’è finito il suo ego? E il suo orgoglio? Il cambio tattico di cui sopra è un passo indietro, una resa preventiva, una bandiera bianca che comincia ad alzarsi. Mourinho dovrebbe rendersi conto che a Roma è un dio e può fare ciò che vuole, anche rischiare variazioni folli. Ne ha bisogno la squadra per sentirsi di nuovo viva, e ne ha bisogno pure lui per non trasformare la stagione in una straziante passerella d’addio.
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