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Luciano Moggi, perché Gravina va mandato a casa

Luciano Moggi
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Ad una settimana dall’inizio del campionato e a venti giorni dagli scontri della nostra Nazionale con Macedonia e Ucraina, il ct Roberto Mancini a comunicato le sue dimissioni, a mezzo Pec, al presidente federale, rendendo ancor più evidente il caos che attualmente regna in Federazione. Gravina, con il tono autoritario che lo contraddistingue, ha annunciato invece, coram populo, che non darà mai le dimissioni perché, via lui, sarebbe un disastro per il calcio italiano. Anche se sono in molti a pensare il contrario, noi compresi: le sue dimissioni sarebbero accolte con gioia diversamente da quelle di Mancini, perché salverebbero il calcio tuttora sballottato in acque piuttosto procellose. Se Gravina avesse guardato il calcio con vero interesse anziché pensare esclusivamente alla salvaguardia della sua poltrona, se avesse limitato il numero degli stranieri in campo anziché permettere alle nostre squadre di schierarsi con 10 e anche 11 stranieri- oltretutto di bassa qualità-, avrebbe dato un impulso importante alla crescita dei nostri giovani che languono in panca.

Ciò facendo avrebbe oltretutto dato uno schiaffo al “decreto crescita”, che è la prima causa del degrado del nostro campionato, e avrebbe cosi aiutato il ct a scegliere la rosa tra i nostri talenti, anziché ricorrere ad altri campionati. Non ha fatto niente di tutto questo perché era più occupato a pensare di partecipare ad eventi mondani e premiazioni piuttosto che dare una regolata a questo mondo che fa acqua da tutte le parti. E non ha capito che se avesse dato un contributo al calcio lo avrebbe dato anche a se stesso. Vistosi ora perso, o meglio scoperto, Gravina doveva escogitare qualcosa per nascondere queste sue manchevolezze. E se l’è presa con lo staff di Mancini eliminando ad esempio Evani, come se Evani fosse la causa di tanto disastro. Da parte nostra è da tempo che stiamo battendo questo tasto su queste pagine, ma non c’è più sordo di chi non vuol sentire. Adesso che il ct ha scoperchiato la pentola, aggiungiamo che sarebbe il caso di mandare a casa Gravina e rifondare il calcio dalle fondamenta. Si tornerebbe a godere delle spettacolo calcistico, la nostra Nazionale potrebbe avere un impulso diverso dai talenti nostrani e contemporaneamente ci potremmo disfare di un soggetto più bravo a fare politica pro domo sua che calcio.

 


A sostenerlo sembra che ci sia il Ministro dello Sport Abodi, che dà sempre più la sensazione di tirare il sasso e nascondere la mano. Le sue tesi di persona mai informata sui fatti (che... se avesse saputo avrebbe provveduto), l’hanno portato a dire che non sapeva dei dissapori tra Gravina e Mancini. Poi ha ammesso quasi involontariamente ciò che realmente era successo, che le dimissioni di Mancini potevano anche dipendere dalle nomine fatte da Gravina, magari senza avvisare il ct, e ha spiegato che però questa era una idea tutta sua, che poteva non corrispondere alla realtà perché non ne era stato informato da nessuno. Alla maniera, insomma, di Ponzio Pilato che se ne lava le mani, e alla stregua di chi parla all’altro che finge di dormire per non sentire. Naturalmente queste dimissioni hanno sollevato polemiche e anche congetture, prima tra tutte che Mancini le abbia date per andare in Arabia a guadagnare 40 milioni all’anno per tre anni. Dove possa andare Mancini a noi poco interessa. Resta il fatto che ha sempre avuto difficoltà a mettere in campo una Nazionale accettabile peri motivi prima esposti e noi, più volte, abbiamo sottolineato il fatto. Adesso il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. E chiunque verrà (sembra Spalletti il favorito) si troverà nella situazione del precedente ct, fermo restando che in questo caso dovrà essere superato lo scoglio De Laurentiis. Il presidente Gravina sull’argomento non glissa, dice anzi che non riconoscerà la clausola, facendo intendere che le regole possono anche essere disattese: attenzione, è il presidente federale che lo dice e la ragione è di De Laurentiis. In questo clima non certamente idilliaco ha inizio il campionato che un tempo vedeva accapigliarsi la gente per assicurarsi i diritti tv, mentre adesso tutti cercano un accordo tra loro per pagare meno. È il segnale di un campionato che non ha più la valenza di una volta. Noi ci limiteremo inizialmente ad osservare quanto le nuove forze provenienti dal mercato possano incidere e migliorare la qualità delle squadre. La prima impressione è che Inter, Milan, Napoli e Juventus possano aspirare ai primi quattro posti valevoli per accedere al girone di Champions, e che l’Inter possa aspirare anche a vincere il torneo.

 

 

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