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Gianni Agnelli? Un anniversario amaro: Juve, cosa proprio non torna

Luca Beatrice
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Certo sarebbe stato bello festeggiare la ricorrenza quando si vinceva, neppure troppo tempo fa. E invece il calendario beffardo dice che la famiglia Agnelli compie cent’anni di proprietà dopo una stagione terribile contrassegnata dal ribaltone interno alla “cugineria”, la ridda di penalizzazioni che troverà fine solo quando lo spirito vendicativo di qualcuno sarà soddisfatto, il gioco poco brillante, le sconfitte anche se il campo avrebbe comunque detto 3° posto, che per noi in genere vale comunque poco.

Colpisce: proprio nell’occasione della ricorrenza secolare non ci sarà lo storico appuntamento di Vilar Perosa, cui l’Avvocato Agnelli non avrebbe mai rinunciato perché faceva casa, famiglia, molto di più che una tournée americana. 

 

Il suo nipote prediletto, l’attuale proprietario, rappresenta una figura di manager moderno che risponde al cuore solo fino a un certo punto. Non è detto infatti che tra cent’anni, nemmeno tra cinquanta o venti, la Juve non cambi padrone, ora che le fortune del calcio si costruiscono su fondi finanziari senza un volto preciso. Eppure, fino a prova contraria, la Juventus garantisce quell’identità nazionale che altrove sta sparendo. In cent’anni gli Agnelli hanno costruito una società vincente, amata da milioni di tifosi e odiata da altrettanti. All’inizio era uno stile, un modo di pensare, una regola precisa: questa maglia si ama ma non si indossa in eterno e quando finisce non ci sono romanticherie di sorta.

Di nostalgia il tifoso bianconero non soffre, è abituato a pensare al futuro e alle prossime vittorie. Altrove gioiscono smisuratamente per uno scudetto, noi ne abbiamo vinti nove di fila, è stata la più grande impresa del calcio italiano, eppure sembra quasi che dopo il primo, che rappresentò il riscatto del post calciopoli, non fosse altro che la solita normalità, perché la vera notizia è la Juve che perde e quindi se ne parla più ora rispetto a quando inanellava un record dopo l’altro. Un primato difficilmente battibile - se non da noi stessi - e nessuno a farsene vanto, nella più totale indifferenza dei tifosi la cui freddezza ha reso l’Allianz uno stadio ideale per le squadre in trasferta. 

 

Chissà che almeno il centenario dimostri un ritrovato orgoglio della proprietà. Ora c’è la volontà di rimettere le cose a posto e va bene, cominciando da un direttore sportivo finalmente competente dopo l’addio di Marotta. Nella Torino bianconera non si vive mai di rendita, però grazie agli Agnelli ho potuto vedere Platini, Zidane, Baggio, Del Piero, Trezeguet, Nedved, Buffon, Tevez, Higuain, Ronaldo, giusto una manciata di nomi tra i moltissimi. Spero ne abbiano ancora voglia, dalla collina che incornicia Torino e farebbero bene perché davvero la Juve va molto meglio della Ferrari, c’è da riflettere.

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