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Claudio Gentile: "Raccomandati e procuratori sono la rovina delle Nazionali"

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Leonardo Iannacci
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«Di solito arrivo a 70-80 chilometri, ma un giorno vorrei fare il giro completo del lago, 147 in totale». Claudio Gentile è appena sceso di bicicletta e, a 69 anni, ha lo stesso fisico del Sarrià e del Bernabeu, quando mise la museruola a Maradona, Zico e Littbarsky. Il terzino che Gianni Brera battezzò Gheddafi per i suoi natali a Tripoli, dove papà muratore si era trasferito per lavoro, vive a San Fermo della Battaglia, a un passo da Como. Lì pedala, assapora una vita serena ma non può esimersi dal guardare il calcio. E a soffrire come un cane quando una nazionale rimedia certe figuracce.

Gentile, cosa pensa del flop europeo dell’Italia di Nicolato?
«Il peggio possibile. Nel senso che questo fallimento ad opera della Norvegia, squadra già eliminata, mi addolora moltissimo. Amo l’azzurro».

Le colpe del ct sono state evidenti, vero?
«Beh, sostenere il contrario sarebbe ipocrita. Non ho nulla contro la persona ma Nicolato aveva già toppato un Europeo. Eppure era rimasto al suo posto, pronto a fallire ancora».

Ha santi in Paradiso?
«Direi santi specialissimi. Ai miei tempi le raccomandazioni valevano più dei meriti. Mi viene da pensare che dalle parti di via Allegri, a Roma, sia rimasto tutto uguale».

Quali le colpe dei giocatori?
«Prima dell’Europeo avevo pensato: con questi nomi l’Under 21 è da primi posti. Ne resto convinto, era una nazionale molto forte».

Le delusioni maggiori? Gnonto? Pellegri? Cancellieri?
«Non voglio fare nomi ma i limiti dell’attacco sono stati evidenti. E il gioco visto contro la Norvegia, ovvero lanci lunghi e poche trame a centrocampo, hanno fatto il resto».

Eppure i Tonali, i Rovella, gli Scalvini, i Carnesecchi facevano pensare a ben altro...
«Sono bravissimi, rappresentano il futuro della nazionale maggiore. Per questa ragione il tonfo è ancor più doloroso».

Cosa insegna questo flop?
«Sottolinea quanto sia malato il calcio azzurro. Siamo fuori da due mondiali e da quattro Olimpiadi. L’Europei vinto con Mancini due anni fa è stato, ahimè, una splendida eccezione che conferma la triste regola: siamo in crisi».

Un modo per uscirne?
«Ho una mia idea: i giocatori sono nelle mani dei procuratori ed è questo il loro male. Vorrei capire perché hanno tali alti e bassi o perché mai un talentino come Kean si sia permesso di lasciare il ritiro dell’Under 21 prima di questi nefasti Europei... Da chi è stato consigliato? Io non ho mai avuto un procuratore. I procuratori rovinano il calcio».

Un esempio concreto?
«L’anno scorso il procuratore di Gattuso stava trattando con la Fiorentina il contratto di Rino, ma pretese di imporre anche un suo giocatore, inviso al club viola. Era, quella, la condizione unica per definire l’accordo. Commisso si ribellò, tutti i club dovrebbero fare così. Capito chi sono i nemici del calcio?».

Come combattere la crisi che sta attanagliando le nostre nazionali?
«In Federazione mi sembra valgano di più le raccomandazione che i meriti effettivi delle persone. È rimasto tutto come ai miei tempi, quando venni fatto fuori dopo che avevo guidato l'Under 21 a vincere l’Europeo e a conquistare una storica medaglia alle Olimpiadi di Atene 2004».

Quella fu una vera carognata...
«Per colpa di certe personcine all’interno della Federazione mi sono visto la carriera stroncata perché non abbassavo la testa. E non ascoltavo gli inviti di certi procuratori che volevano imporre i giocatori nelle convocazioni. L’ho pagata cara».

In che modo?
«Sono stato mandato via nel 2006 quando mi avevano fatto pensare che sarei stato il successore di Lippi. Alle Olimpiadi avevo schierato e fatto crescere sei giocatori poi diventati campioni del mondo due anni dopo, tra questi Pirlo, Gilardino, De Rossi e Barzagli. Qualche merito l’ho avuto, no?».

Dal 2006 non ha avuto più offerte per allenare?
«In Italia no, e mi chiedo ancora come mai. Molte le richieste dall’estero: Spagna, Portogallo, Sud America. Ma amo l’Italia: è possibile che in questo paese chi è onesto e professionale non trovi mai una sistemazione?».

Tra poco sarà l’11 luglio. Che effetto fa ripensare a questa data?
«L’Italia del 1982 ha fatto felice milioni di italiani. Festeggerò l’11 luglio con il giro completo del lago. E, pedalando, penserò a cosa stanno facendo lassù Enzo, Cesarone, Gaetano e Paolo».

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