Juventus, Allegri ora ha paura: la voce-bomba che cambia tutto
Gli offrono un sacco di soldi (90 milioni, per la precisione) per farsi tre anni sereni in Arabia Saudita e ha una tifoseria che spera se ne vada. Pure la dirigenza nuova in fondo spera. Eppure Max Allegri non molla. Resta contro tutto e tutti e, anzi, raddoppia la posta in gioco. Certo, ha già un contrattone, mica è povero e i figli dei suoi figli sono già ampiamente sistemati, ma ha preso questa decisione a prescindere dai soldi. Si è trasformata in una sfida personale. Da tempo è indispettito dal clima che si è creato attorno a lui, sia dentro sia fuori la Juventus. Si sente poco capito perla stagione appena conclusa che, a suo dire, ha gestito alla grande, andando oltre i propri compiti e le responsabilità di un allenatore. La vecchia dirigenza che lo ha ingaggiato non c'è più e la nuova non lo ama, soprattutto per via dell'ingaggio pesante da 7 milioni netti all'anno più bonus valido per altre due stagioni. E ha sperato che accettasse la corte dell'Al-Hilal perché è l’unico modo per non perdere soldi e, anzi, guadagnare spazio nei bilanci.
MISTER CONTROCORRENTE
Ma vuoi mettere la soddisfazione di andare controcorrente? Allegri ce l’ha nel sangue, è un bastian contrario di natura. Se tutti gli dicono A, lui fa B anche mettendo a rischio un’intera carriera. A differenza di altri colleghi e calciatori, non ha nemmeno voluto approfondire l’offertona con gli emissari dell’Al-Hilal. Forse per non cadere in tentazione, più probabilmente perché ha trasformato il rifiuto del contratto della vita come una nuova mano tesa verso l’ambiente bianconero. Si è anche accorto di essersi seduto troppo comodamente sul credito accumulato in passato e di aver quindi bisogno della Juventus. È comparsa una sana paura di essere dimenticato. La storia insegna che è meglio lasciare un club quando si è all’apice, piuttosto che nel punto più basso. E a quest’ultimo punto è Max, ora, con la Juve. Non è più l’allenatore dei cinque scudetti consecutivi ma è quello del biennio senza titoli. Dovesse lasciare, sarebbe dimenticato tutto il buono fatto nella prima esperienza, perché il poco che c’è nella seconda (il virtuale piazzamento in zona Champions) è finito sotto il tappeto della penalizzazione. Allegri si sente solo al comando della Juve da un pezzo, ma lo accetta. È pur sempre al comando di qualcosa di importante. Ed è anche paradossalmente più importante lui ora rispetto a quando è arrivato.
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Max ha infatti intuito che, in attesa di Giuntoli e nel bel mezzo della transizione dalla vecchia dirigenza alla nuova, ha assunto un ruolo da manager. Nel bene e nel male, visto che nella passata stagione avrebbe preferito allenare e basta, si è ritrovato a gestire una situazione mai vista prima. Ora vuole prendersi la rivincita, concentrandosi solo sul campo e sulla comunicazione. Sa che in questo biennio si gioca il resto della carriera e un’intera reputazione. Quindi sta andando all-in con le sue idee e i suoi mezzi. Lo si nota dal mercato dove il club rinnova Rabiot di un solo anno quasi esclusivamente perché piace al mister. Ad un allenatore che deve recuperare terreno interessa avere qualche giocatore pronto in mezzo al gruppo di giovani che la dirigenza chiede di svezzare. Lo si nota anche dall’arrivo di Weah, identificato come quinto di destra per rimpiazzare Cuadrado: vuol dire che si giocherà ancora con il 3-5-2. Quindi che sul mercato potrebbe finirci Chiesa, in caso di buone offerte, unica ala autentica rimasta in rosa e quindi non collocabile. Anche in considerazione della probabile assenza dell’impegno europeo (pure in questo Max si è espresso con la dirigenza: se anno zero deve essere, meglio che sia senza fatiche in Conference), il tecnico desidera un gruppo ridotto all’osso, composto da undici coppie. Così sarebbe più facilmente gestibile e allenabile. Ciò che gli chiedono i tifosi. Ciò che da troppo tempo Allegri non fa.
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