Inter, la profezia di Mazzola: come finirà col Manchester City
Sandro Mazzola avverte i suoi nervi strofinarsi non poco in queste ore, come alla viglia di Inter-Real Madrid, finale di Coppa dei Campioni 1964. Stasera ha un programma meno impegnativo rispetto a quel magico 27 maggio nel quale fece i miracoli, ma i suoi 80 anni da interista purissimo lo avvolgono in un’emozione speciale. Mazzola fa parte del senato accademico di questo club arrivato alla sua sesta finale di Coppa Campioni/Champions, tre vinte e due perse. ne ha giocate quattro, portando a casa la coppa dalle grandi orecchie in due occasioni. Mazzola, come si sta preparando al fischio d’inizio di Istanbul?
«Nel pomeriggio mi concederò una bella passeggiata, ma per sgranchire i nervi non certo le gambe che non sono più quelle di una volta».
Le malelingue e gli esperti sussurrano che stasera sia favorito il City. Come replicare?
«Me ne presenta uno di questi scienziati? Gli ignoranti di calcio abbondano. City? Non capisco questa parola, cosa significa?».
Via, non scherziamo, è una squadra schiacciasassi. Come negarlo?
«Anche il Real del 1964 lo era. E come finì?».
L’anno dopo lei rivinse la coppa, a Milano...
«Ricordo una partita sofferta contro il Benfica e la finale decisa da un tiraccio che passó sotto la pancia del portiere portoghese, si chiamava Pereira mi sembra. Quella sera il vecchio San Siro era pieno, furono venduti 77.000 biglietti e non c’era il terzo anello».
Poi ne ha perse due di finali, nel 1967 contro il Celtic e cinque anni dopo contro l’Ajax di Cruijff. Due beffe?
«Non ricordo assolutamente questi due particolari, ne è sicuro?».
Vabbè, torniamo all’oggi. Non è troppo ottimista per stasera?
«In 90 minuti di calcio spesso non vince la squadra più ambiziosa e forte. La spunta chi è più furbo».
Un Mazzola 21enne e scatenato c’è nell’Inter?
«Non ne ha 21 ma Lautaro puó ripetere quello che combinai io al Prater: doppietta e coppa a Milano».
Gioca Dzeko con il Toro. Scelta giusta?
«Avrei messo Lukaku subito, dal fischio d’avvio. Il belga è un Frecciarossa, chi lo ferma?».
Il City, da par suo, ha Haaland: come limitarlo?
«Non conosco quel signore, conosco soltanto Onana, Acerbi, Bastoni e altri bravi ragazzi».
Non conosce neppure Pep Guardiola?
“Scherzavo prima, Pep è uno dei tre-quattro mister che hanno cambiato il calcio».
L’Inter ha un’arma segreta: il catenaccio?
«Del quale nessuno si deve vergognare. Con Helenio Herrera abbiamo vinto tutto con quella tattica»”.
Uno simile ad HH non c’è più stato, vero?
«Mourinho, il suo Triplete fu entusiasmante».
Stasera due possibili jolly per Inzaghi?
«Brozovic e Barella. Ma se avesse un Sandro Mazzola...».
Onestamente, Inter a parte te, quanto le piace il calcio di oggi?
«Pochino, sul piano tecnico-tattico è tutto più veloce, asfissiante e gli infortuni sono all’ordine del giorno. Anche noi andavamo veloce ma era un altro tipo di calcio. E poi c’è un aspetto comportamentale che non apprezzo».
Ovvero?
«Le faccio un esempio con un ricordo che porterò sempre nel cuore: prima della partita di Vienna ero emozionatissimo, avrei giocato contro il grande Real. Una squadra di mostri, di marziani, di fenomeni: Di Stefano, Puskas, Gento... aveva vinto le prime 5 edizioni della coppa dei campioni».
E che accadde?
«Feci doppietta e vincemmo. Alla fine Puskas si avvicina, mi consegna la sua maglia n. 10, mi dice che sono degno del campione che è stato mio padre. Oggi una roba del genere non accadrebbe mai».
Ultimo flash che è anche una provocazione: domanda pazza, surreale: la sua Grande Inter contro l'Inter del Triplete e questa che si gioca la Champions con il City. Chi vince?
«La mia Grande Inter».