Milan, Scaroni inchioda Maldini: "Un disagio, perché è stato licenziato"
La colpa di Paolo Maldini? Voler lavorare "da solo", in eccessiva autonomia. E' questa, tra le righe, la motivazione che Paolo Scaroni, presidente del Milan, dà al licenziamento in tronco della leggenda rossonera, ormai ex direttore dell'area sportiva del club di proprietà di Gerry Cardinale e dell'americana RedBird. Insieme a quello di Maldini, da poche ore è ufficiale anche il siluramento di Ricky Massara, l'uomo mercato del Diavolo. Un repulisti dell'area tecnica totale, che lascia al suo posto solo l'allenatore Stefano Pioli a cui la proprietà intende dare maggiori poteri anche in sede di campagna acquisti.
"Cacciare subito Pioli". Milan, il retroscena che spiega tutto: al suo posto...
"Tutti noi, e particolarmente io, abbiamo sempre avuto rapporti eccellenti con Paolo Maldini, che è un gentiluomo, una persona attaccata al Milan e che al Milan ha fatto bene - premette Scaroni in una lunga intervista al Corriere della Sera -. Noi però seguiamo un modello un po' innovativo, almeno per l'Italia, di gestione del club, che ci porta a considerare tutte le nostre attività come collegiali: si lavora in team. In questa organizzazione abbiamo avuto l'impressione che Paolo si sentisse a disagio, e quando si è a disagio è meglio separarsi".
"Ecco le sue colpe": la soffiata di Biasin sul licenziamento di Paolo Maldini
Il divorzio da Maldini, sottolinea ancora il presidente, in risposta alla reazione furiosa della stragrande maggioranza del tifo rossonero, non deve essere visto come un passo indietro, anzi. "RedBird e tutti noi vogliamo che il Milan continui questa crescita. Ora non siamo in cima, ma un bel pezzo di strada lo abbiamo fatto, anzi direi che in Italia siamo tra quelli che ne hanno fatta di più. Vogliamo continuare a scalare, sempre avendo in mente che più ricavi portano più investimenti per l'area sport e più successi sportivi portano più ricavi: un circolo virtuoso da mettere in moto".
Per quanto riguarda il mercato, "i nostri azionisti ci hanno consentito di fare una squadra forte e continueremo insieme su questa strada. Credo che dovremo fare qualche cessione, e concludere qualche acquisto importante: siamo ambiziosi". Difficile, al momento, capire se le cessioni messe in conto siano quelle di comprimari e giocatori che non hanno convinto nell'ultima stagione (da Rebic a Origi, da Adli fino a Charles De Keteleare pagato 35 milioni e senza dubbio la più grande delusione degli ultimi 12 mesi) oppure se il riferimento sia a qualche big: Rafa Leao (fresco di rinnovo fino al 2028 con maxi-clausola), Theo Hernandez, Mike Maignan o Fik Tomori, i giocatori con maggior mercato e, pare, tra i più delusi per l'allontanamento del loro mentore Maldini.
Nel disegnare la nuova rosa a disposizione del confermatissimo Pioli ("assolutamente, è centrale nel progetto"), di sicuro si adotteranno nuove metodologie. "RedBird crede nell'analizzare le caratteristiche dei giocatori in modo scientifico, certo, una cosa che in Premier League si fa da anni: sono riusciti ad adattare modelli nati per altri sport al calcio. Vogliamo mettere assieme il meglio del nostro passato con il meglio del futuro che ci porta RedBird. Il passato me lo tengo stretto, ma perché dovremmo rinunciare alle competenze e alle innovazioni? Poi parleranno i risultati, conta vincere le partite, a me perdere non è mai piaciuto e tanto meno a Gerry Cardinale". Aspettando di capire cosa voglia fare Ibrahimovic ("Ho l'impressione che si voglia dare un periodo sabbatico ma se gli venissero delle idee saremo i primi ad ascoltarle"), per quanto riguarda lo stadio, tramontata l'opzione La Maura, "al momento stiamo sviluppando ipotesi sulla zona di San Donato per tenerla pronta in caso San Siro tramonti".