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Fiorentina, un incubo durato due settimane: l'errore di Vincenzo Italiano

Leonardo Iannacci
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Due settimane dopo la finale di Coppa Italia persa contro l’Inter nessuno, a Firenze, si aspettava una simile cena delle beffe. Quello contro i nerazzurri era stato un ko fastidioso, certo, ma alla fine accettabile. Invece ieri sera, al cospetto di un West Ham onestamente non irresistibile, la Viola è appassita nell’appuntamento più importante della sua bella stagione: a Praga ha soltanto sfiorato la Conference League contro la meno titolata delle squadre inglesi di Premier. 

Stavolta Bobby Moore, Geoff Hurst e Martin Peters, i tre “sir” dello storico West Ham anni ’60 e anche pilastri dell’unica nazionale inglese iridata nel 1966, non erano in campo. Ma è bastato un rigorino e un gol nel finale agli hammers londinesi per servire il piatto avvelenato che ha chiuso ogni speranza alla squadra di Vincenzo Italiano. Prima della finale il tecnico vola aveva ripassato il microfilm della sua vita di allenatore, dai primi passi alla Vigontina ad Arzignano in C, da Trapani a Spezia sino a Firenze, e aveva sognato prima di essere risvegliato malamente sul prato verde di Praga. 

Il suo 4-3-3 non si è rivelata l’arma tattica vincente di questa finale, inoltre la difesa alta, l’aggressività nelle marcature e il gioco sulle fasce non hanno disegnato il piano partita perfetto per domare i rudi inglesi. Da tempo Zdenek Zeman lo ha eletto a suo erede, e per questo Aurelio De Laurentis ha messo Italiano in cima alla lista dei possibili sostituti di Spalletti, il cui dogma era, guarda un po’, il 4-3-3. Ma ieri sera non c’è stato tempo di pensare al futuro. La delusione è stata enorme.

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