Inter-Manchester City, 126 milioni contro 638: le cifre che svelano il miracolo
Dicono che per vincere la Champions League servano i soldi. Di certo aiutano ma non bastano. Servono soprattutto buone idee e sia il Manchester City sia l’Inter le hanno avute. Non si può dire lo stesso dei soldi. Dal punto di vista economico, a Istanbul si affrontano le due facce della medaglia del grande calcio europeo: chi può spendere quanto vuole, al punto da aggirare anche i paletti della Uefa, contro chi non può più farlo, se è vero che da due anni Suning ha chiuso i rubinetti e obbligato l’Inter a cavarsela da sola. Ecco perché se Marotta e Ausilio stanno elevando ad arte la ricerca dei parametri zero, la dirigenza del City forse non sa nemmeno cosa siano.
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Si acquistano solo primizie indicate da Guardiola che, al solito, pratica il “maniavantismo”: «Se perdiamo non sarà un fallimento». Svincolati tra i suoi undici? Zero. Tra quelli di Inzaghi? Ben tre - Onana, Calhanoglu, Mkhitaryan - più Dzeko pagato solo in bonus (2 milioni). L’Inter schiera un giocatore in prestito (Acerbi) e ne ha uno come dodicesimo uomo (Lukaku). Entrambi sono arrivati in estate perché non c’era la possibilità di acquistare cartellini importanti a titolo definitivo. Di calciatori in prestito, il City non ne ha nemmeno uno. I nerazzurri, per reggersi ad alti livelli, contano su risorse di proprietà altrui e sono costretti pure a valorizzarle; i Citizens creano valore solo per loro stessi senza poggiarsi su terzi. Gli uni sopravvivono, gli altri se la godono. Lo dimostra anche l’età media della rosa: 28,5 per l’Inter contro 27 per il Manchester.
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SETTORE GIOVANILE
Degli undici titolari di Inzaghi, sei sono stati pagati meno di 5 milioni perché ai quattro sopracitati vanno aggiunti Darmian, 3,3 milioni al Parma, e Dimarco, 5 milioni di controriscatto al Sion dopo averlo allevato nel settore giovanile. Il terzino è un’altra stortura dovuta alle difficoltà economiche: l’Inter per anni ha dovuto vendere i migliori talenti per racimolare plusvalenze, proteggendosi con il diritto di riacquisto, quando concesso. Il City non ha dovuto fare altrettanto con Foden: se l’è tenuto in rosa, a buon rendere. Per completare l’undici meneghino restano Dumfries (13 milioni al Psv), Lautaro (25 al Racing), Bastoni (31 all’Atalanta) e Barella (45 al Cagliari). Sono cifre alte per gli standard attuali in serie A ma minime per una finalista di Champions, tant’è che i cartellini dei titolari dell’Inter sono costati 126 milioni, quasi quanto il City ha pagato il solo Grealish (117,5 all’Aston Villa).
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MENO CARO
Il meno caro nella formazione di Guardiola è Akanji, per cui sono serviti “solo” 17 milioni in estate perché era ad un anno dalla scadenza del contratto. Infatti aveva provato a prenderlo anche l’Inter: a quella cifra sarebbe stato il quarto più costoso in campo mentre per gli inglesi è l’ultimo. Difficile essere altrimenti se si passa allegramente ai 27 milioni sborsati per capitan Gundogan, ai 40 per il portiere Ederson, ai 50 per Bernardo Silva, ai 55 per Stones e Walker, ai 60 (più 25 di bonus) per Haaland e ai 70 per un mediano come Rodri o un difensore come Dias. Lo scontrino dei prescelti da Pep recita 638 milioni, cinque volte quanto sborsato dal club milanese. Per le panchine la differenza si assottiglia ma comunque esiste: 169 contro 272 milioni. Il fatto che all’Inter siano costate di più le riserve dei titolari indica che alcuni investimenti non sono andati a buon fine, tra tutti i 30 milioni spesi per Correa, e che alcuni acquisti d'altri tempi, vedi Skriniar pagato 34 milioni e giunto all’ultima gara in maglia nerazzurra, sono stati rimpiazzati con soluzioni low-cost. Anche il monte ingaggi quantificala differenza: 75 milioni netti per l’Inter contro i 216 per il City. Sono i numeri utili per misurare la diversità tra le due società ma al fischio avranno un’importanza pari a zero. A quel punto inizierà una sfida di nervi e i numeri, semmai, bisognerà evitare di darli.