Milan, brutte voci su Zlatan Ibrahimovic: "Com'è ridotto"
Il paradosso di Zlatan Ibrahimovic è quadruplo. Il primo: si è operato in estate per terminare la carriera “da giocatore”, in campo, giocando a calcio, ma rischia di accadere l’esatto contrario, dire “basta” dall’infermeria. Il secondo: l’eventuale ritiro coinciderebbe con l’annata in cui il Milan arriva in fondo alla Champions League, unica coppa mancante nella sua luccicante bacheca personale. Il terzo: dalla Champions, lo svedese è stato escluso perché il Milan non aveva certezza del suo recupero e ha preferito non sprecare un posto in una lista Uefa già sovraffollata. Il rischio che Ibra si ritiri per cause di forza maggiore esiste.
È un pensiero, una possibilità, una fastidiosa idea dettata dai segnali inviati dal fisico che non sono affatto concordi con la testa e il cuore. Sua Altezza si è infatti fermato per un problema muscolare mentre si riscaldava per entrare durante Milan-Lecce: un infortunio a basso regime è il peggiore dei segnali possibili. Ibra è apparso sconsolato anche perché il fastidio è al polpaccio (destro), il più delicato dei muscoli, quello che richiede più tempo per recuperare. Uno esperto e così attento ai segnali lo sa. Possibile che la stagione sia finita. Resta da capire se lo è pure la carriera: con che voglia lo svedese si preparerà per la prossima annata?
PRESA DI COSCIENZA
L’età - 42 anni a ottobre non è mai stata un problema per Zlatan. Lo sta diventando ora perché allunga i tempi di recupero dagli acciacchi post-operatori. È una presa di coscienza, ecco perché in questi giorni Ibra è giù di morale. Una faticaccia per tornare in campo per poi essere respinto dal proprio fisico, lo stesso a cui si è dedicata tanta cura e passione. Una lotta interiore. Ibra sta sfidando l'unico avversario che reputa alla sua altezza, l’unico con cui dubiterà di poter vincere: Ibra. Più sei grande - vedi Valentino Rossi, per citarne uno che ha archiviato lo sport della sua vita, la moto, per farne un altro, l'automobile -, più è difficile il confronto con te stesso. Il Milan è a disposizione, non solo perché i figli Max e Vincent giocano nelle giovanili. Non avrà problemi a rinnovare di un anno il contratto da 1,5 milioni netti o ad apparecchiare un percorso in dirigenza.
Sarà Ibra a decidere (anche eventualmente per la terza via già spianata dell’imprenditore), come sceglierà quando sottoporsi agli esami strumentali al polpaccio (entro la settimana). Prendere tempo è umano. E umano ormai lo è anche l'alieno-Zlatan. Il passaggio da mito a personaggio mitologico è lo stesso problema avuto da Francesco Totti: la resistenza all'epilogo, la lotta contro il tempo (e Spalletti, mentre Ibra con Pioli va d'accordissimo) e la fine dove l'eroe piange assieme ai suoi tifosi, in un momento in cui si invertono i ruoli. Se prima erano loro a guardare lui, ora è lui a guardare loro. Ibra ha iniziato ora a pensare a questo momento. Resta però il desiderio di lasciare quando lo dice lui, da giocatore, dal campo. E allora ecco il quarto e ultimo paradosso: se l'infortunio di questi giorni da un lato avvicina la fine, dall’altro la allontana.