Report, bomba di Luciano Moggi: "Cosa ho consegnato a Sigfrido Ranucci"
Si chiama Calciopoli quel processo che 17 anni fa coinvolse persone innocenti e distrusse il calcio in Italia. Infatti nel 2006 la nazionale italiana si laureò campione del Mondo avendo nelle sue fila 6 giocatori della Juve, l’allenatore Lippi e il massaggiatore Esposito. In seguito, venuto a mancare l’apporto della Juventus, l’Italia fu eliminata due volte al primo turno dei mondiali e addirittura non si qualificò negli ultimi due. E adesso un cofanetto con dentro la chiavetta contenente tutte le intercettazioni, che il tribunale di Napoli non volle sentire, ripercorre la storia di quel brutto periodo raccontato, purtroppo, in maniera distorta da chi avrebbe dovuto gestire la verità. È stato recapitato a diverse persone, in modo particolare a Gravina, presidente della Figc che non ha dato colpevolmente alcuna risposta circa il contenuto, magari l’avrà anche buttato nel cestino dell’immondizia senza riflettere che con quel gesto stava buttando via la vita di tante persone per bene.
A lui evidentemente basta aver salda la poltrona sotto il sedere e, soprattutto, che nessuno parli del Castel di Sangro, del periodo cioè in cui ricopriva la carica di presidente di quella società. Chissà perché... Per questa ragione il cofanetto contenente la chiavetta è stato fatto recapitare anche al presidente del Coni Giovanni Malagò e al ministro dello Sport Andrea Abodi. Poi la Rai, evidentemente trovando materiale diverso da quello raccontato, lo ha fatto proprio per la trasmissione di Report che andrà’ in onda domani sera su Rai Tre in prima serata alle ore 21.20. Così tutti potranno capire dalla viva voce di chi veramente “impicciava” cosa sia effettivamente successo in quel tempo.
Premetto che quanto sto scrivendo non deve essere considerato un atto di accusa, soltanto una ribellione a quanto capitato a persone oneste, colpevoli soltanto di aver saputo fare il proprio lavoro meglio di altri. Sarebbe intanto interessante che il presidente federale Gravina potesse illuminarci sul motivo della radiazione, visto che il processo sportivo era terminato con sentenza letta dal professore Serio, componente di quel Tribunale: «campionato regolare nessuna partita alterata», che ad abundatiam commentava anche: «sentenza che segue il sentimento popolare». Come al tempo insomma delle streghe che venivano bruciate sulla piazza tant’è che l’illustre Enzo Biagi paragonò quel Tribunale sportivo ad una specie di Santa Inquisizione in chiave moderna.
Mentre il Tribunale di Napoli, non avendo trovato reati, nonostante 170mila intercettazioni e tanti soldi fatti spendere allo Stato e di conseguenza ai cittadini italiani, concludeva in sentenza dopo cinque lunghi anni di processo: «reato a consumazione anticipata, non potuto provare in udienza». Del tipo che, «se vai in banca e il direttore è a prendere un caffè mentre l’impiegato è dovuto correre urgentemente al bagno, tu potresti pensare di arraffare la grana in loro assenza, non lo fai, ma è comunque reato a consumazione anticipata» che tradotto in italiano vorrebbe magari dire che «i colpevoli è più facile sceglierli che andarli a trovare».
Il tutto dopo ben tre ricusazioni del pm Narducci al presidente del Tribunale, dottoressa Casoria, colpevole di aver detto «facciamo processi più seri». Totalmente in contrasto con quella di Napoli la sentenza 2166 del 2018, emessa dalla Corte di Appello di Milano che aveva sentito tutte le intercettazioni che a Napoli non avevano voluto né vedere, né sentire.
Condannava Gianfelice Facchetti, figlio del defunto presidente interista e il di lui padre venne nell’occasione accusato di aver fatto «Lobbing con gli arbitri».
Ma più importante ancora è che quella sentenza specificava «non è colpa del cosiddetto sistema Moggi, ma di un sistema generale di corruttela di tutto il calcio di quel tempo». Vengono i brividi a confrontare le due sentenze diverse e contrarie tra loro... Tutti coloro che hanno subito danni enormi, materiali e morali, si appellano al presidente della Repubblica Mattarella, al presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al ministro dello Sport, Andrea Abodi, affinché sentano le intercettazioni per dare sull’avvenimento un giudizio serio, che non è mai stato dato. E chiedono aiuto alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Resta naturalmente ferma la nostra stima per la Giustizia nonostante sia stata amministrata, nell’occasione, da Auricchio, Narducci e Palamara.