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Calcio europeo stravolto, e le italiane... Cos'è cambiato nel silenzio generale
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Le squadre italiane hanno fatto passi da gigante verso il calcio europeo in questi ultimi anni e ora ne raccolgono i frutti. Meglio muoversi tardi che mai. Ma è anche vero che il calcio continentale ha fatto un balzo verso le italiane, diventando meno schizofrenico e più gestibile a ritmi umani. La causa è la miriade di partite compresse in poco tempo che quest’anno si è accentuata con il Mondiale. Le squadre che procedevano a ritmi forsennati come il Liverpool di Klopp sono implose e le cibernetiche Red Bull non hanno ottenuto gli stessi risultati degli ultimi anni. È diventato insostenibile giocare sempre a mille all’ora anche per chi ne ha fatto un’identità. Le formazioni più evolute si sono date un’alternativa diretta e “riposante” per sopravvivere alle giornate meno brillanti. E così, mentre le italiane hanno imparato la lezione e si sono allineate alla richiesta, l’Europa è tornata normale e sostenibile.
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Anche per questo ci stiamo bene dentro con formazioni diverse, dalle più dinamiche come il Milan e il Napoli a quelle più ingessate come Juventus e Roma. Il comune denominatore non è più il ritmo di gioco ma l’intensità delle giocate. Siano esse con la palla o senza, come spesso accade alla Roma. Ognuno la applica secondo le proprie caratteristiche, come è giusto che sia, e in questo è visibile un’evoluzione degli allenatori che tendono sempre meno all’integralismo tattico e sempre più alla flessibilità che valorizza il materiale a disposizione. Prima potevano chiedere di tutto e di più sul mercato, ora devono accontentarsi di ciò che passa al convento: i tempi sono cambiati e i mister si sono adeguati. A Mourinho, per dir la verità, è sempre piaciuto non avere il possesso della palla e demandare la fase offensiva al talento dei singoli, facendo all-in sull’organizzazione, ma è evidente che alla Roma sia riuscito ad allenare l’intensità difensiva molto meglio che al Tottenham. Accetta il debito davanti che si presenta quando Dybala è assente, come contro il Feyenoord dopo nemmeno mezz’ora di gioco. Tocca abituarsi: la Joya ne avrà per due settimane, così come Abraham, per bocca dello stesso Mourinho che, astutamente, chiede all’Olimpico di fare l’attaccante al ritorno per recuperare lo 0-1.
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Al ritorno pensa anche la Juventus che non si sbottona di fronte allo Sporting, memore della lezione del Benfica in Champions e dalla scottatura di qualche anno fa contro il Porto. Il 3-4-3 sperimentale di Allegri con Chiesa-Milik-Di Maria funziona solo in parte perché oscura le scorribande di Kostic, fonte di cross e, quindi, di occasioni. Ma la Juve è padrona della situazione e trova il gol in mischia con Gatti, indirizzando la qualificazione. È ampiamente padrona anche la Fiorentina, chiamata ad affrontare un livello certamente più basso nel Lech Poznan ma anche capace di offrirne uno piuttosto alto. La Viola è in ascesa netta e ora ha trovato in Cabral i gol di cui aveva bisogno. Dovesse prolungarsi questa lezione di Italiano in Europa, il bis italico in Conference non sarebbe solo possibile ma anche probabile.
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