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Inter, il più grave degli errori di Inzaghi: perché rischia di saltare

Claudio Savelli
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Si può tirare qualche somma sull’operato di Simone Inzaghi all’Inter. In anticipo perché la stagione rimarrà insufficiente anche in caso di vittoria della Coppa Italia e di passi avanti in Champions. Lo sarà anche in questi casi per due motivi. Il primo è che l’Inter è diventata tutto ciò che una squadra contemporanea non dovrebbe essere: gioca per vincere le coppe e smette di giocare quando l’obiettivo non è più raggiungibile, vedi il campionato. Le società, oggi, hanno bisogno di continuità nel lungo periodo e, almeno in Italia, per garantirsela è essenziale presenziare ogni anno in Champions League. Senza, scatta in automatico il ridimensionamento da cui non è detto si possa uscire nel giro di un anno. Inzaghi è stato il primo a dimenticarsi dell’importanza dei primi quattro posti in campionato, dandoli per scontati. Da cosa lo si può dedurre? Dall’insistenza con cui indica i trofei e il cammino europeo per difendersi. Dell’insufficienza in serie A non parla mai, non spiega perché l’Inter sta crollando e non trova soluzioni, anche perché non sembra volerle cercare davvero se è vero che la squadra è sempre uguale a se stessa.

Il secondo motivo per cui la stagione dell’Inter è e sarà insufficiente è la parabola della forza. La squadra, in questi due anni con Inzaghi, non è migliorata, semmai il contrario. È peggiorata. Ora è vuota, prevedibile, noiosa. Non ci sono molti motivi per guardare l’Inter, oggi. I giocatori sono in piena involuzione perché il gioco non è mai evoluto, tant’è che il mister cita sempre i primi mesi del suo primo anno come riferimento, quando ancora era visibile l’onda lunga del lavoro di Conte. Il calcio contemporaneo premia sempre più gli allenatori, e di conseguenza le squadre, che hanno contenuti, idee chiare e meccanismi di gioco consolidati.

 


 

Sono un appiglio nei periodi di flessione, come dimostra il Napoli. Il tonfo con il Milan andava gestito con i guanti, avrebbe potuto insinuarsi nella rosa nel momento in cui bisogna concretizzare il campionato e vivere con serenità le sfide di Champions. A Lecce la squadra non è serenissima ma non trasforma la tensione in una malattia. L’antidoto è il gioco. È un asso nella manica pronto all’uso. Il Napoli ne è pieno, a differenza dell’Inter, per questo non è mai scivolato in una crisi in stagione. In questo Spalletti si dimostra più maturo di Inzaghi, anche nella volontà con cui spiega questioni tattiche e tecniche dopo le partite. L’impressione è che Inzaghi abbia sempre e solo gestito l’Inter, mentre Spalletti abbia allenato il Napoli. Pioli, invece, ha ribaltato il Milan più volte, inviando un messaggio di ribellione alle difficoltà. Ha dimostrato di avere stoffa e carattere, di aver lavorato su se stesso anche dopo lo scudetto vinto. Così il Milan è rinato dalle sue stesse ceneri invernali. Ora sopporta le difficoltà del campionato, come un Empoli che sa quel che fa ed è difficile da scardinare. Immaginando di rappresentare la stagione come una curva, quella del Milan è ora nella fase ascendente. A gennaio in pochi ci avrebbero scommesso.

 

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