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Jannik Sinner? "Come la Meloni": l'indiscrezione di Pietrangeli

Leonardo Iannacci
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Sinner? È come la Meloni... Ha le palline quadrate e, presto, vincerà uno Slam. Ne sono certo». A quasi 90 anni suonati - e sempre senza essere mai andato fuori tempo - il conte Nicola Chirinsky Pietrangeli, nobile da parte di mamma, ha le idee chiare su moltissime cose, anche fuori dal tennis.

Pietrangeli, ma quel paragone non le pare un po’ azzardato?
«No. Jannik e quella signora che è a capo del governo ragionano esattamente come si deve fare per mandare avanti le cose, pur fra mille difficoltà, nei rispettivi settoridi competenza. Con intelligenza, freddezza e polso. Ma esauriamo il discorso e parliamo di sport, per favore».

Eppure lei stava per entrarci, in politica.
«Decenni fa ebbi una proposta da Renato Altissimo, leader dell’allora Partito Liberale, per diventare deputato europeo. Presi 9.000 voti alle elezioni, non sono pochi ma lasciai perdere».

Perché le piace la Meloni?
«Non è gradita solo a me, ho sentito qui a Roma esponenti della sinistra spendere parole positive su Giorgia, costretti ad ammettere che ha dei numeri. D’altra parte i consensi di tutti gli italiani che l’hanno votata mica li ha rubati».

Ora il PD le ha messo dall’altra parte della rete Elly Schlein. Un match in rosa.
«Passiamo a parlare di tennis? Grazie».

Saggia decisione...
«Anche perché ho sempre pensato sia preferibile per un politico entrare nello sport che per uno sportivo entrare in politica».

Sinner è un rullo compressore e, stasera, si gioca la semifinale a Miami. Un giudizio su questo ragazzo?
«È migliorassimo, mi piace da morire il rumore della pallina quando incoccia la sua racchetta. Da lì si capisce che è un fuoriclasse».

Una bestemmia dire che ricorda il primo Djokovic?
«Affatto. Ha ragione. Contro Rublev ha commesso 8 soli errori in due set! Pazzesco. E aggiungo: questo ragazzo è un tedesco nell’animo e nella testa, può davvero vincere uno Slam. Non ho più dubbi».

A Wimbledon?
«Direi a Parigi, il Roland Garros sulla terra battuta».

Berrettini, invece, è in crisi nera.
«Ma non per colpa di Melissa Satta, splendida ragazza e pure simpatica. Quello che c’entra? Nella mia vita ho giocato e vinto, eppure mi sono pure divertito anche molto. Matteo gira troppi spot, fa troppa pubblicità, perde tempo e deve riflettere sul suo gioco».

Tornerà quello di prima?
«Ho molto rispetto per lui perché a Wimbledon è riuscito a battere un record del sottoscritto che risaliva al 1960, quando sul Centre Court di Londra venni sconfitto in semifinale da un certo Rod Laver al termine di 5 set infiniti. Berrettini mi ha superato, ha fatto di meglio ed è arrivato in finale. Un traguardo unico per un italiano».

E Musetti?
«È il ragazzo che gioca meglio pur non essendo il più forte nella squadra azzurra».

Lei pensa che l’Italia possa rivincere la Davis?
«Lo spero. Così non si parlerebbe più tanto della nostra del 1976».

Un ricordo indelebile ma pesante come un macigno, vero?
«Sì ma anche spiacevole. Prima di partire per Santiago, trasferta per la quale mi battei in prima persona per andare contro il parere di tanti, i gruppi estremi della sinistra mi minacciarono. Avevo la polizia sotto casa. Trovai messaggi del tipo: Brutto fascista, ammazziamo te e la tua famiglia».

Cosa non le piace del tennis di oggi?
«Le telecronache. Un giocatore fa un doppio fallo e quelli con il microfono, in cabina, sussurrano: doppio fallo. Ti credo, quello lo vedono tutti... Oppure danno consigli a uno che magari è nei 10 migliori giocatori del mondo. Ma stiamo scherzando?».

Nel tennis mondiale, a fine anno, chi troveremo in vetta al ranking?
«Alcaraz con il numero 1, poi Djokovic con il 2 soltanto perché non lo fanno giocare negli Usa per il suo essere un no-vax, con il 3 Medvedev».

E Nadal?
«Vorrei sbagliarmi, ma Rafa appare un po’ logoro dopo quella carriera stellare che ha fatto. Per 15 anni ha avuto contro un tipo come Federer, ovvero il tennis in persona, mica un terza categoria».

Se rinascesse oggi, quanti tornei vincerebbe Pietrangeli?
«Forse meno dei miei 70 titoli e dei 4 Slam conquistati tra singolare, doppio e doppio misto. Ogni tanto, però, penso a quanto avrei guadagnato. Oggi Sinner, senza aver vinto ancora uno Slam e a 21 anni, ha già 15 milioni di euro in banca. Quando vinsi Parigi nel 1959 mi diedero una coppa grande come una bottiglietta di Coca Cola e 150 dollari. E non sto scherzando».

L’altro giorno ha ricevuto il Premio Bearzot, orgoglioso?
«Sì, sono stato il primo sportivo non calciatore a vincerlo. Beh, non male, no? A 18 anni iniziai come centrocampista nella Lazio Primavera, poi scelsi il tennis perché amavo viaggiare».

Rimpianti?
«No. Le sere prima delle partite decisive al Roland Garros, il sottoscritto cenava al Crazy Horse in buona compagnia. Oggi non so, penso che i tennisti vadano a letto presto. Molto presto. Troppo presto».

Il suo motto era...
«Quando mi dicevano “Nicola, ti fossi allenato meglio avresti potuto vincere di più”, io replicavo: “Forse, ma nella mia vita mi sarei divertito infinitamente di meno!”».

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