Juventus, ora è finita davvero: "Mai citata", perché è il colpo di grazia
Come quasi tutti i misteri italici, anche quello delle carte segrete del Covisoc, sembra non aggiungere o togliere nulla a ciò che già si sapeva. I misteri o restano tali, ma se vengono svelati quasi sempre sono segreti di Pulcinella. Così è stato per il primo documento Covisoc, così per il secondo. Considerati anche tutti insieme, difficilmente riconsegneranno alla Juventus i 15 punti di penalizzazione, tanto più che in entrambe le carte la “Vecchia Signora” non viene mai citata, neppure per sbaglio.
Nel secondo documento segreto, quella reso noto ieri e datato 31 marzo 2001, non emergerebbe una conoscenza di violazioni specifiche, da parte della procura federale e del suo capo Giuseppe Chiné. Anzi, vi si sottolineano elementi che la escluderebbero totalmente. In realtà il Covisoc aveva già una lista di operazioni sospette, come scriveva lo stesso presidente Paolo Boccardelli, ma quell’elenco non verrà poi condiviso con la procura federale. Boccardelli puntualizzava che la Commissione di vigilanza sulle squadre professionistiche aveva «effettuato un’analisi (riferita agli ultimi due esercizi) circa gli effetti sui bilanci delle società di talune operazioni di compravendita di calciatori. E tale analisi mostrava come il cosiddetto trading di calciatori, pur avendo generato copiose plusvalenze, abbia generato pochissima liquidità».
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Un fenomeno che perla Covisoc «non può che destare attenzione», perché, come scriveva ancora Boccardelli, «sussiste la possibilità che si stia determinando una sostanziale divergenza tra il prezzo pattuito ed il valore dei diritti compravenduti. Incidendo sull’affidabilità dei bilanci». Nell’ultima parte del documento il presidente della Covisoc aggiungeva anche che la procura e lo stesso Chiné non potevano sapere quali fossero le violazioni e le operazioni irregolari e invitava il procuratore «a pianificare rapidamente un tavolo di lavoro comune al fine di condividere i termini delle analisi sinora condotte e di valutare l’adozione di opportune iniziative strategiche circa i menzionati fenomeni». La riunione è poi stata indetta per il successivo 7 aprile, ma in via informale e riservata e senza che si sia provveduto a stilare verbali o resoconti. Quindi Chinè sapeva che esistevano delle irregolarità, ma non sapeva quali, di chi e in che modo fossero avvenute.
Quindi anche questa seconda “carta segreta” non aggiunge alcun elemento nuovo alla vicenda plusvalenze. Non ci sono misteri o complotti, semmai emerge qualche dubbio sul modus operandi del procuratore Chinè, che avrebbe potuto rivelare prima il contenuto delle corrispondenze con Covisoc e il suo presidente Paolo Boccardelli.
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Dunque il contenuto delle mail non sembra essere sufficiente per annullare penalizzazioni e squalifiche o avere rilevanza nel procedimento penale che si aprirà il 27 marzo davanti al Gip di Torino. Piuttosto il carteggio sembra portare alla luce la triste realtà riguardo le condizioni economiche delle società calcistiche di A, B e C e di altre di serie minori. E cioè che il “gioco delle tre carte”, delle plusvalenze, in realtà non abbia portato a chissà quali benefici di natura finanziaria nessuna delle squadre poi coinvolte nei diversi procedimenti sportivi e giudiziari.
Valori economici virtuali, scambi sulla base di cifre che, verosimilmente, nessun club coinvolto era in grado di sborsare per questo o quel calciatore. Una “bolla” che è esplosa improvvisamente creando non solo conseguenze negative da un punto di vista economico, ma anche di credibilità nei confronti di dirigenti e calciatori. Cifre astronomiche pagate (ma solo sulla carta), spiegavano i dirigenti bianconeri intercettati, anche per i giocatori più “brocchi” e restituite (ma sempre e solo sulla carta) attraverso scambi con altri “brocchi” o con giovani speranze (quasi sempre bruciate) relegati poi a lunghe attese in panchina. Ma il saldo finanziario sui conti correnti delle squadre restava sempre lo stesso, e quasi sempre preceduto dal segno meno.