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Michael Schumacher "ci faceva il segno dell'ora": l'aneddoto che spiega tutto

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“Io ero un neolaureato, Michael Schumacher un campione del mondo Benetton appena passato con noi. Nel suo primissimo test, era in tuta completamente bianca, senza sponsor, perché ancora non era l’inizio della stagione successiva. Fece un solo giorno a Fiorano per abituarsi alla macchina, allora avevamo ancora l’ultimo nostro 12 cilindri. Poi ci siamo trasferiti all’Estoril per il primo test vero”. Esordisce così Mattia Binotto nel suo ricordo del tedesco, in un incontro al Panathlon Club di Parma della scorsa settimana: “In Portogallo alle 9 di mattina c’era il semaforo verde, e lì si cercava di capire la macchina, di migliorarla e di svilupparla — aggiunge — Il pilota era abituato ad arrivare alle 8.50, il tempo di infilare la tuta, il casco e salire in macchina. Allora noi arrivammo in pista alle 8.30, tutto il gruppo era lì, Michael era già lì, seduto sulle scalette del motorhome che ci faceva il segno dell’ora”. 

Quel comportamento di Schumi all’Estoril
E ancora: “Allora Michael ci diceva che alle 8 bisognava fare tutte le mattine il meeting, per parlare del programma e decidere cosa fare, per poi avere alle 9 la massima efficienza — aggiunge Binotto —. Io me lo porto dietro ancora oggi nel mio percorso professionale, penso sia stato lo stesso anche per Aldo in Mercedes e in Dallara. Da team principal cercavo anche di ricordarmi quale fosse la cultura dell’epoca e come applicarla. Al tempo facevamo gare e test di continuo, quindi erano 210 giorni all’anno in pista, era più il tempo che passavo con Michael che con la famiglia: ho sempre detto che in Ferrari non ci si lavora, ma ci si vive”. 

Binotto sulla SF-23: “Tanti uomini dietro alla monoposto”
Infine, un commento sulla nuova SF-23, nata dalle sue mani prima di lasciare la Ferrari: “Dall’esterno non si ha una percezione esatta della complessa organizzazione strutturale che c’è alle spalle della monoposto — conclude Binotto — In Ferrari lavorano 1.500 persone, 100 viaggiano, ma le altre 1.400 pensano a quella macchina, mettendo continuamente energie per sviluppare e migliorare un prodotto che deve essere sano, robusto e affidabile. Loro rappresentano il 95% dell’organizzazione della struttura. E sono quelli che contano di più”.

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