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Napoli, Simeone: la statistica mostruosa che spiega molte cose

Leonardo Iannacci
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Persino El Pibe, in quel murales dei Quartieri Spagnoli, intreccia le dita e prova a toccare tutto quello che è ferro battuto (e altro). Lo fa in silenzio perché proprio uno strano silenzio avviluppa questa città che sta sognando e non vorrebbe mai risvegliarsi prigioniera di soli rimpianti. Il calcio, nel quotidiano, è una religione laica sotto il Vesuvio per chi, ai due scudetti vinti negli annidi grazia 1987 e 1990, ha vissuto di illusioni e niente più ma quella parolina di 8 lettere che inizia per “s” e finisce per “o” rischia stavolta di trasformarsi da utopia in esaltante certezza. Con 13 punti sull’Inter quando mancano 17 giornate alla conclusione del romanzo, il miglior attacco (51 reti segnate) e la miglior difesa (15 incassate), il Napoli di Spalletti è padrone dei propri destini e si fa forza di molte certezze. Per esempio vanta fuoriclasse invidiati da tutta Europa ma assolutamente “non in vendita” come ha ordinato il presidente Aurelio De Laurentis alla stampa tedesca (parliamo di Osimehn e di uno Kvara che non sarà Maradona ma è molto simile a un Caravaggio del pallone).

SQUADRA SOLIDA
La squadra è solida e dimostra con puntualità che Lobotka è un metronomo perfetto, che Di Lorenzo è un leader occulto, che Kim è Koulibaly con gli occhi a mandorla e che gli uomini della retroguardia, da Simeone a Raspadori, da Juan Jesus a Ndombelè, sino a Olivera, compongono meravigliose alternative in vista di una Champions che è dietro l’angolo, visto che martedì 21 febbraio c’è il primo ottavo contro l’Eintrach. Il primo a credere anche all’Europa è proprio il presidente De Laurentis che ha dichiarato: «Abbiamo una squadra forte, in Champions League ci sono le migliori d’Europa e, quindi, del mondo ma credo che il Napoli possa vincere la coppa».

Le seconde linee a disposizione di Spalletti in Italia e in Europa sono il quid in più, reali conferme della bontà di un mercato estivo che ha corroborato la rosa. E domenica sera, contro quella Cremonese che fece uno scherzetto niente male in Coppa Italia, sarà importante anche la retroguardia oltre che le prime linee. Il primo nome è Simeone, figlio di cotanto giocatore e di cotanto allenatore, il jolly che Spalletti si giocherà spesso quando le partite diventeranno tre alla settimana. Subentrato a Osimehn a 14 minuti dal gong controla Roma, il Cholito ha stampato un gol esiziale nelle vicende di questo campionato. In 11 partite di campionato, quasi tutte da subentrato, ha timbrato 3 reti dorate; in 6 di Champions e Coppa Italia, ne ha infilate 5.
Una percentuale pazzesca: 60% di centri.

ALTERNATIVA
E poi Giacomo Raspadori: il ragazzo di Bentivoglio può essere una bella alternativa sulla fascia, al centro all’attacco e persino alle spalle di un centravanti. Politano e Olivera, se gettati in trincea al posto di Lozano e Mario Rui, anche, per non parlare di Elmas in luogo di KvaraVaggio e Ndombele (sbolognato dal Tottenham) per Zielinski. Se, poi, c’è bisogno di un difensore affidabile per far rifiatare Kim e Rrahmani, ecco Juan Jesus. Sono tutti commandos di un corpo speciale al servizio del gruppo. Direte voi: come è possibile che qualunque pedina sia in campo, il risultato finale non cambia? I 56 punti sui 63 in palio totalizzati dalla gioiosa macchina da guerra di Spalletti sono una dote alla quale queste fondamentali seconde linee hanno contribuito con umiltà e talento. 

Morale? Se c’è un giocatore tatticamente insostituibile in questo meccanismo, quello è Stanislav Lobotka. Già, il 28enne “geometra” slovacco non ha eguali nè sostituti come perno del meccanismo e, nei vicoli di Spaccanapoli, i guaglioni hanno coniato un paradosso: «Domenica, all’improvviso, tutto il Maradona si è alzato in piedi con un oooohhhh di meraviglia: Lobotka aveva sbagliato il primo passaggio da quando è sotto il Vesuvio!». Anche questa è Napoli, dove i sogni sono un refolo di vento. E dove il Pibe ghigna beffardo, in quel murales dei Quartieri Spagnoli.

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