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Pioli ha perso il Milan: in 90' smentisce il lavoro di 2 anni

Claudio Savelli
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Nel derby per circa un’ora c’è solo l’Inter anche perché quello schierato da Pioli non è il Milan. È una squadra senza capo né coda, priva di logica e buone idee. Più di metà dei rossoneri sono fuori ruolo. Gabbia è costretto a terzo centrale di sinistra quando già fatica con il destro, il suo piede; Krunic si ritrova regista, posizione mai coperta nella sua carriera; Messias fa la mezzala destra, lui che è un’ala di piede sinistro; Calabria a tutta fascia è un controsenso; Origi e Giroud non sono in grado di spartirsi l’attacco perché entrambi abituati a giocare da soli. Senza Leao, punito con la panchina proprio nel derby, nessuno è in grado di correre in profondità. La somma è un dominio totale dell’Inter e zero tiri del Milan nel primo tempo. Zero assoluto, neanche uno da lontano, nemmeno per obbligare Onana ad un rinvio dal fondo.
I rossoneri erano di recente impauriti per le loro stesse prestazioni – stupire è una cosa, confermarsi è un’altra -ma Pioli non fa nulla per togliere questa paura. Anzi, ne aggiunge catapultandoli in un modulo, il 3-5-2, che non hanno mai utilizzato. In una sola serata, il mister mette in discussione tutta la rosa e il suo intero lavoro di oltre due anni. Il suo Milan era uno dei pochi modelli coraggiosi in Italia, è triste che alle prime difficoltà rinunci a essere un modello. Non è il sistema in sé – l’Inter gioca con il 3-5-2 ma è una squadra evoluta e offensiva – ma il fatto che non abbia senso per i giocatori a disposizione. Tra cambiare qualcosa e tutto c’è una via di mezzo.
Questa non è una risposta alle difficoltà, non è un tentativo di trovare una soluzione: è una resa incondizionata.
Più che la fiducia della società, Pioli rischia di perdere quella dei giocatori. Ed è molto peggio. Il rossonero ha basato il successo dello scorso anno sulla coesione con il gruppo e sull’utopia di un gioco brillante, spavaldo, intenso in ogni gara. Ora chiede improvvisamente il contrario e i calciatori inizieranno a domandarsi se è ancora l’allenatore giusto per loro. Non a caso nella ripresa, quando entrano Diaz, Leao e Saelemaekers, la squadra migliora. Seppur con un sistema ancora inusuale, gli interpreti ritrovano le caratteristiche conosciute dei compagni a loro vicini, così tutto scorre meglio. L’Inter paga il difetto che non aveva mostrato in Supercoppa: gestisce il minimo vantaggio anziché spingere per il raddoppio. Gli capita quando sente di essere superiore all’avversaria. Qui Inzaghi deve migliorare, trasmettendo al gruppo l’urgenza di essere sempre al massimo ma anche una certa tranquillità, ché dimenarsi nei momenti delicati non è mai una cosa saggia. L’incapacità dell’Inter di infierire su una preda agonizzante è grave quanto l’iniziale rinuncia al gioco del Milan. Una buona versione nerazzurra non riesce a schiantare una delle peggiori versioni rossonere. Questo derby, in sostanza, è una vetrina in cui sono esposti i difetti stagionali delle milanesi. Sono state per due anni le migliori del campionato, ora sono lontane anni luce dal Napoli. La classifica non racconta bugie. 

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