Inter, ecco le due "zavorre d'oro": gli (enormi) errori di Suning
Ogni volta che Gagliardini e Correa toccano palla, sbagliano qualcosa. E il Meazza mugugna. E loro si agitano e sbagliano di nuovo. Sono causa e al tempo stesso conseguenza del circolo vizioso che di tanto in tanto coinvolge i giocatori dell'Inter. Ma se in altri casi la tifoseria nerazzurra è stata piuttosto frettolosa e spietata nel giudizio, stavolta ha concesso ai due interpreti il tempo per esprimersi e il beneficio del dubbio sulle loro prestazioni: magari è il momento negativo, magari non funziona la squadra attorno a loro, magari sono gli infortuni che impediscono di entrare in forma. O non è che forse, più semplicemente, non sono all'altezza dell'Inter? Le aspettative sono state gonfiate dalle cifre spese e dal significato simbolico che ha accompagnato i loro ingaggi. Gagliardini è stato pagato 22,5 milioni tra prestito e riscatto nel gennaio 2017, sei mesi dopo lo sbarco di Suning a Milano. Rappresentava il primo colpo della nuova proprietà, una sorta di annuncio dell'inizio di una nuova era.
GIOVANI E ITALIANI
L'idea era ricostruire la rosa attorno ad un nucleo di giocatori giovani e italiani provenienti dalle squadre medio-piccole sui quali l'Inter sarebbe arrivata prima delle rivali, su tutte la Juventus che in quegli anni dominava il mercato interno. Per riuscirci offriva esattamente quanto chiedeva la controparte, in questo caso l'Atalanta. La fretta, però, è stata cattiva consigliera visto che Gagliardini aveva solo 14 presenze in serie A, di cui 13 "drogate" dalla prima rampante Dea di Gasperini, dove tutti brillavano all'improvviso. Ora il centrocampista italiano ha 28 anni, teoricamente è all'apice della carriera, eppure è in scadenza di contratto e l'Inter non ha intenzione di offrire un rinnovo. Il suo cartellino vale 6,5 milioni (secondo Trasfermarkt), meno di un terzo rispetto a quanto è stato pagato, e il suo impiego è calato: dai 1806' in serie A nel primo anno con Conte, che lo considerava un utile frangiflutti, è passato ai 1229' nella stagione dello scudetto fino ai 641' nella prima annata targata Inzaghi. Ora è fermo a 207' ad andata quasi terminata. Nell'arco di quattro stagioni il suo utilizzo è diminuito di oltre due terzi.
Il motivo è semplice: Gagliardini non è migliorato dal punto di vista tecnico in questi sei anni all'Inter e perde troppi palloni per una squadra che punta a dominare (16 contro il Parma, squadra di serie B). Se Gagliardini ha aperto il cerchio di Suning, Correa per certi versi l'ha chiuso. L'argentino è stato l'ultimo grande acquisto che la società si è potuta concedere, al netto del successivo arrivo di Gosens. Per lui sono stati investiti 30 milioni dei 45 (gli altri 15 per Dumfries) che il presidente Zhang mise a disposizione dal malloppo di 170 milioni ricavato con Lukaku e Hakimi. La prima scelta era Duvan Zapata, per cui l'Atalanta non accettò l'offerta, la seconda era Marcus Thuram che si infortunò a poche ore dalla firma. Così la dirigenza ha accontentato Inzaghi che aveva indicato nel suo pupillo alla Lazio il profilo ideale per l'attacco nerazzurro. Invece Correa è più in infermeria che in campo e, le poche volte che è presente, non lascia il segno: delle 59 apparizioni finora in nerazzurro solo 21 sono da titolare. Sono appena 9 le reti (delle 3 di quest'anno, nessuna è stata decisiva) e 5 gli assist.
IN PUNTA DI PIEDI
Il quasi campione del mondo (era stato convocato ma poi ha rinunciato per l'ennesima lesione muscolare) dà l'impressione di giocare in punta di piedi per non farsi male, facendo così del male all'Inter che ne avrebbe maledettamente bisogno vista la latitanza di Lukaku. Alla fine della fiera, Correa sta perdendo la grande occasione della carriera. Ha 28 anni e le qualità per essere titolare in una grande. Solo che non le dimostra. Così l'Inter riflette sul suo futuro e intanto fatica nel presente.