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Argentina, Messi presidente: la clamorosa voce che sconvolge il calcio

Maurizio Stefanini
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Se si candidasse, Lionel Messi sarebbe eletto facilmente presidente dell'Argentina alle elezioni dell'anno prossimo. E al primo turno: secondo la legge elettorale si può vincere anche solo col 40% dei voti, se sul secondo c'è un vantaggio di almeno 10 punti. Secondo il sondaggio fatto dall'Istituto Demoscopico Giacobbe & Asociados il 19 e 20 dicembre su un campione di 2500 intervistati, il capitano e goleador della Nazionale campione del mondo col suo 36,7% di punti di distacco ne avrebbe ben 24,7 rispetto al 12% di Javier Millei, che sarebbe il meglio piazzato dei politici tradizionali. O forse sarebbe meglio dire dei politici professionali: economista, deputato della città di Buenos Aires, aggressivo ospite di dibattiti tv e influencer, Milei è un ultraliberista che specie in un Paese come l'Argentina è in realtà poco tradizionale, e molto outsider. Ma se invece della domanda "lo voteresti" si fa "lo vorresti presidente", Messi arriva addirittura al 43,7.

 


SENZA LEADER
Un plebiscito, insomma. Dopo Millei, arriva appena all'11,4 la vicepresidente Cristina Fernández de Kirchner, già presidente dal 2007 al 2015, e vedova del Néstor Kirchner presidente tra 2003 e 2007. Che peraltro non sa se si candida, visto che il 6 dicembre è stata condannata per corruzione a sei anni di carcere e alla inabilitazione perpetua dai pubblici uffici, anche se per ora senza effetti, perché è in primo grado e c'è l'immunità. Vengono poi all'8,8 per cento Patricia Bullrich, presidente del partito di centro -de stra Proposta Repubblicana dell'ex-presidente Mauricio Macri; al 6,9 lo stesso Macri; al 2,9 il pure macrista capo di governo della Città di Buenos Aires Horacio Rodríguez Larret, all'1,8 il popolare neurologo Facundo Manès, di quella Unione Civica Radicale a sua volta alleata con Macri; all'1,4 il ministro dell'Economia Sergio Massa, più probabile candidato dell'attuale maggioranza; all'1,3 del presidente uscente Alberto Fernández. Va detto che per ora è una mera provocazione intellettuale.

 

 

Non assurda, visto che dal 2018 presidente della Liberia è George Weah. Però Messi non ha manifestato intenzione di candidarsi. Questo sì, ha dato un preciso segnale, nel momento in cui lui e gli altri campioni hanno deciso di non visitare la Casa Rosada, per non permettere al fallimentare governo di Fernández di farsi pubblicità grazie a loro. Lo stesso sondaggio rivela che l'80% degli argentini sarebbe d'accordo con questo boicottaggio. Condanna della Kirchner a parte, e a parte l'economia a terra per una siccità record, l'inflazione è al 100 per 100, almeno quattro argentini su dieci sono sotto la soglia di povertà, il debito ha passato i 274 miliardi di dollari. Questo sondaggio indica che comunque i candidati governativi stanno al 14%, contro appunto il 36,7 di Messi e il 39,4 di tutti i vari candidati di destra e centro-destra messi assieme. Il problema di fondo è che tra dipendenti pubblici gonfiati, pensionati che 55% non hanno mai pagato contributi, sussidiati di vario tipo, ci sono in pratica 14 milioni di argentini che lavorano per mantenere altri 19 milioni. Una gigantesca Grecia, ma senza una Ue dietro.
 

 

PARTITE GRATIS
Peraltro Macri prima di darsi alla politica è stato presidente del Boca Juniors e il governo di Cristina Kirchner si vantò di aver dato le partite in tv gratis a tutti gli argentini. Se Messi facesse un pensiero alla Casa Rosada non sarebbe del tutto assurdo, e neanche del tutto uno sberleffo. Un magazine paludato come l'Economist ha dedicato un editoriale a un confronto tra la vittoria della "Albiceleste" e i pessimi risultati dell'economia per spiegare che «la nazionale argentina potrebbe dare lezione ai suoi politici». «I leader politici argentini parlano bene, ma non ottengono risultati. A differenza di mister Messi, che parla a bassa voce e segna gol senza pietà». Forse gli argentini iniziano a pensarci. 

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