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Leo Messi, perché quel mantello islamico schiaccia l'Occidente

Renato Farina
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In un primo momento l'abbiamo presa sul ridere, un quadretto simpatico del futuro Carnevale di Doha con le gondole veneziane ospiti di acquari ciclopici dove nuotano filippini e filippine inseguiti da lamprede fulminanti, con gli imperdibili dromedari e - ecco la ghiottoneria in anteprima - il miglior calciatore del mondo come gadget nella sua caratteristica vestaglia araba, con le sue belle trasparenze seducenti. Ma sì che pareva una cosa divertente, un'ospitalità sontuosa e insieme sbarazzina. Dopo pochi secondi l'incanto da Mille e una notte è svanito, e si è capito cosa stava accadendo. Abbiamo assistito in diretta mondiale a una sorta di rito ancestrale la cui carica simbolica ha l'equivalente nella leggenda medievale dello ius primae noctis. Si è realizzata a tradimento la compravendita della verginità immateriale, poetica, nazionale, argentinissima di Lionel Messi, la cui maglia albiceleste (i due colori candidi e trasparenti come il cielo della Patagonia) è stata seppellita da un mantello nero e leggerissimo ricamato d'oro. Sarà pesato cento grammi, in fondo era un velo, che sarà mai: ma proprio come il velo delle donne sotto l'islam pesa come una montagna e ci schiaccia.

 

 

SPETTACOLO - Ripercorriamo la festa di ieri. Uno spettacolo fantastico sul prato, avvolto dall'aria artificiale che è un alito di frescura fiorita nel deserto. Il migliore in tutto e per tutto è stato Leo, il numero 10 che inventa con il pallone disegni di costellazioni ardite, ma non lo lascia lassù, e plana con lentezza irreale: gol. La selecciòn argentina vince la sfida epica, baci e abbracci della pampa, costernazione dei francesi. Infine la premiazione. Sta per cominciare, ed ecco l'emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, avvicinarsi sornione a Lionel Messi e prima posargli sulle spalle l'addobbo nero, poi- superando lo straniamento del calciatore fermo come una statuina di porcellana - infilargliela su per le maniche. Ho pensato a don Rodrigo. Che volesse portarsi la star nell'harem? In tempi tanto fluidi nessuno scandalo, please. Una specie di ratto dell'Argentino metafora di quello delle Sabine. La tecnica del Qatar ricalca l'inganno di Romolo, che organizzò uno show favoloso per attirare gl'ingenui Sabini e rapire le loro donne. Un atto religioso per il destino dell'impero, scrisse Strabone. La storia si ripete. Il potere passa dalla cultura, dalla religione. Cioè oggi dal calcio. Esiste una cultura più universale al punto da assumere i connotati di una religione con i propri riti, paramenti, cattedrali e santi?

 

 

IL MANTELLO - Il mantello che da noi avvolge le spalle del sacerdote mentre alza l'Ostia consacrata, si chiama pisside. La pisside di Messi è stato il "bisht", una tenuta arabo-musulmana, che si è fusa nello sguardo universale con l'oro del trofeo, una sottomissione (segnatevi questa parola) travestita da cerimonia onorifica. Sta prevalendo nei media gallonati, e persino sui social che dovrebbero essere graffianti, una lettura che plaude alla gentilezza dell'emiro. «Respingere l'offerta dell'emiro del Qatar sarebbe stata maleducazione, bisogna accettare l'omaggio reso al campione secondo gli usi della cultura locale». Le Figaro è quotidiano conservatore. In passato ha dedicato grande spazio e fumi d'incenso a Michel Houllebecq e alla sua opera Sottomissione (all'Islam).  Con coerenza patriottica il foglio di destra ritiene «les Blues» vittime di un furto, l'ultimo gol di Messi da annullare perché i giocatori albicelesti in panchina avrebbero schiacciato la linea del campo prima del fischio di quell'arbitro venduto ecc. Un articolo dopo, il rostro del Figaro si trasforma in piumino da Bohème, non resiste alla seduzione dell'emiro (nonché proprietario del Paris Saint-Germain), ed esalta l'innocenza del gesto: «Questo indumento, il bisht, è un capo tradizionale e prestigioso nel mondo arabo. Utilizzato per i grandi eventi, questo mantello simboleggia ricchezza e regalità. Un abito speciale per un momento speciale. Si tratta di un abito distinto per un giocatore altrettanto distinto». Come si scrive "marchetta" in francese? Mai come ai nostri giorni l'hard power (gas, petrolio, grattacieli) ha bisogno del soft power (il calcio). E cosa c'è di meglio che impossessarsi di Messi trasfigurandolo nell'Aladino arabo che alza la lampada-trofeo? Gianni Infantino, lo svizzero di origini italiane capo della Fifa, dinanzi alle perplessità del capitano argentino, pareva recitare perfettamente la parte del ruffiano, moralmente obbligando il campione stretto nella tenaglia. Un arbitro onesto fischierebbe rigore ed espulsione.

 

LE SUORE DI CORDOBA - Accidenti. Che diranno le suore di Cordoba che hanno diffuso un filmato del loro tifo in convento, con i tamburi e la maglietta di Messi sopra la vesta monacale? Non si nascondono i colori della bandiera! Il francobollo celebrativo della vittoria degli azzurri a Madrid 1982 raffigura la braccia di Dino Zoff che alzano il trofeo. Lui è l'Italia, punto e a capo, mai avrebbe indossato la mantilla del torero locale. Ora le Poste di Buenos Aires dovranno ripiegare sul piede sinistro di Dio (o di Allah?). Se qualcuno insiste a considerare innocua e neutra la faccenda, si annoti queste parole rilasciate alla Bbc da Hassan Al-Thawadi, segretario generale del Comitato organizzatore del torneo qatarino sul perché di quella cerimonia: «La Coppa del mondo ci ha dato l'opportunità di mostrare all'umanità la nostra cultura araba e musulmana». Com'è umano lei.

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