Juventus, "come hanno coperto il disastro-CR7": una verità inconfessabile
Il troppo stroppia, e Cristiano Ronaldo per la Vecchia Signora era davvero troppo. Infatti, secondo i pm della procura di Torino, l'acquisto del fuoriclasse portoghese sarebbe stato l'inizio della fine. Da li in avanti i dirigenti altro non avrebbero fatto, se non tentare di «metterci una pezza», utilizzando il «sistema plusvalenze» per tappare le falle nel bilancio e proponendo le «scritture private segrete» per trarre in inganno gli investitori in Borsa e raccogliere denaro. Tutto questo, nel loro "teorema", i magistrati lo desumerebbero da una serie di intercettazioni, ambientali e telefoniche che, a onor del vero, potrebbero però essere interpretate anche in modo diverso. Ad esempio, il dirigente Francesco Roncaglio, registrato quando spiega quale sia lo stato dei conti, fa riferimento al calciatore portoghese: «Però scusami, è un errore madornale quello che abbiamo fatto la volta scorsa dice -. Il primo aumento di capitale serviva prima di tutto a puntellare le operazioni già nate ai tempi di Higuain, noi invece l'abbiamo usato per comprare Ronaldo».
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ESPOSIZIONE ECCESSIVA
Non a caso, guardando la storia della Juventus, appare evidente come nel passato neppure troppo remoto del club (con i presidenti Giovanni e Umberto Agnelli e Giampiero Boniperti), se non per un'evidente convenienza economica (come nel caso di Platini), si sia sempre evitato di esporre finanziariamente la società più del dovuto, rinunciando prima all'acquisto di Pelè, poi a quello di Cruijff e, infine, a Diego Armando Maradona. La nuova gestione, invece, avrebbe fatto spese pazze, quelle che poi hanno portato il club sull'orlo del baratro.
«Aldilà dei 50 milioni di martellata di Ronaldo - spiega al telefono, il dirigente juventino Stefano Cerrato, il 16 agosto 2021 -, e al di là del fatto che dobbiamo fare 45 milioni di plusvalenza, ad oggi abbiamo solo 4 milioni di proventi». Dal bilancio bianconero, dunque, emergerebbe una vera voragine e il manager che viene intercettato aggiunge: «L'attuale mancato raggiungimento del budget è dovuto, in sostanza, all'ammortamento del diritto Ronaldo, e al relativo salario lordo (50 milioni di euro) e ai 40 milioni di plusvalenza in più che dovremmo fare».
C'è da aggiungere poi che, almeno secondo la procura subalpina, «i giochetti delle plusvalenze» non fossero l'effetto dell'agire sconsiderato del solo Direttore Sportivo Fabio Paratici (che non sembra avere intenzione di immolarsi come capro espiatorio). «La citata carenza di controlli interni - scrivono i magistrati torinesi nell'atto di richiesta di rinvio a giudizio - non deve, per altro verso, ingannare: le plusvalenze artificiali non appaiono iniziativa estemporanea di Paratici, ma il frutto di una precisa pianificazione voluta dal management, e necessaria per non rinunciare agli asset principali della società, cioè ai giocatori di maggior rilievo, tra cui Cristiano Ronaldo».
A tale proposito negli atti c'è copia di una mail di Claudio Chiellini, allenatore e fratello del capitano Giorgio: «Perché non è che Paratici faceva le plusvalenze perché c'aveva voglia di farle - scrive -, ma è perché qualcuno gli diceva di farle». Tutte le operazioni, per i pm Mario Bendoni, Ciro Santoriello e Marco Gianoglio, «hanno generato un'autentica bolla, che si è autoalimentata nel corso del tempo, dovendo nuove plusvalenze coprire gli ammortamenti lasciati in eredità dall'esercizio precedente, in un'ottica di bisogno costante».
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IL TORNADO
Ecco perché, secondo l'ipotesi dell'accusa, il dirigente Bertola, in una mail avrebbe scritto: «Con le nuove assumpionts, su plusvalenze e D&A, non si ferma il tornado, anzi: abbiamo bisogno del tornado». In conclusione, tutti questi elementi «unitamente alla presenza di una situazione patrimoniale sempre più grave - sottolineno i magistrati torinesi - hanno condotto i vertici di Juventus a valutare la predisposizione di ulteriori azioni correttive sin dal 22 febbraio 2020 e l'esplosione dell'epidemia di Covid ha offerto copertura formale a tale disegno societario, finendo per costituire, più che un danno, un'autentica opportunità, ovviamente di natura illecita, per la società».