Cerca
Cerca
+

Qatar 2022, ma quale modello Germania? E noi che volevamo pure imitarli...

Esplora:

Federico Strumolo
  • a
  • a
  • a

Quante volte s'è detto che il calcio italiano avrebbe dovuto imitare il modello tedesco. Dal lavoro per il settore giovanile, agli stadi di proprietà, fino alla gestione dei club: tutti volevano seguire l'esempio della Germania. Ebbene, dopo l'ultimo fallimento della nazionale allenata da Hans-Dieter Flick possiamo tranquillamente affermare che anche quel modello si sia rivelato fallimentare. Perché se già un'eliminazione alla fase a gironi sarebbe un disastro per una nazionale come quella tedesca, vincitrice di ben quattro Mondiali e tre Europei, diventa quasi inspiegabile per come questa disfatta si sia materializzata. Con quel black out nella gara d'esordio con il Giappone (1-2), il pareggio con la fortissima Spagna (1-1) e una vittoria soffertissima contro la modesta Costa Rica (4-2, ma dopo essere stata in svantaggio sull'1-2). Insomma, più che un Mondiale, delle montagne russe per chi, invece, aveva sempre fatto della programmazione e della freddezza la sua forza, il suo tratto distintivo.

UNA «CATASTROFE»
Ma se i media tedeschi non hanno esitato nel definire una «catastrofe» la disfatta in Qatar, non sembra dello stesso avviso il commissario tecnico Flick, per nulla intenzionato a rassegnare le dimissioni, tanto da ritenersi soddisfatto del suo operato in Medio Oriente: «Io e la mia squadra di allenatori abbiamo fatto un buon lavoro, abbiamo preparato bene la squadra, ma non è bastato». Facendo una battuta, si potrebbe dire che sia Flick a imitare il modello italiano, e non certo il contrario. D'altronde, la nazionale azzurra conosce bene l'arte del non abbandonare la poltrona dopo i fallimenti, con il recente esempio dato nientemeno che dal ct Roberto Mancini.

E, a pensarci bene, le similitudini tra questa Germania e l'Italia non finiscono alle discutibili scelte dei rispettivi selezionatori (Flick, comunque, resta a rischio esonero: verrà presto presa una decisione; in bilico c'è anche il direttore della nazionale Oliver Bierhoff). Perché i tedeschi, esattamente come gli azzurri dopo l'indimenticabile cavalcata trionfale del 2006 (proprio in Germania, guarda un po'...), sono stati protagonisti di due eliminazioni al primo turno dei Mondiali in seguito al successo in Brasile nel 2014.

Nel 2018 in Russia fu addirittura ultimo posto nel girone, con la sola vittoria contro la Svezia e due sconfitte con Messico e Corea del Sud, mentre dell'esperienza in Qatar s' è detto qualche riga sopra (per l'Italia, invece, le eliminazioni al girone avvennero a Sudafrica 2010 e Brasile 2014). È certo che i tedeschi si augureranno chela tendenza si fermi qui, dato che restando fedeli ai precedenti italiani, la Germania si ritroverebbe davanti a due mancate qualificazioni per i prossimi appuntamenti iridati, quello del 2026 tra Stati Uniti, Messico e Canada, e quello del centenario nel 2030, che non ha ancora una sede.

FUTURO GRIGIO
Osservando la rosa tedesca, comunque, pare complicato immaginare un futuro di questo tipo, dato che anche in Qatar la Germania ha mostrato di poter contare su stelle per il presente e, soprattutto, per il futuro. Dal 19enne centrocampista Jamal Musiala alle stelle offensive Leroy Sané (26 anni) e Kai Havertz (23). Il problema, semmai, sarà mantenerli uniti, considerando che proprio nell'essere squadra sembrano mancati i tedeschi in questa avventura. E menomale che volevamo imitare il modello Germania...

Dai blog