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Juventus, Del Piero pronto a tornare: la sorpresa, con quale ruolo

Leonardo Iannacci
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Alex Del Piero è un Pinturicchio un po' democristiano che, nelle ultime ore, sta ricordando Lucio Battisti quando cantava: «io vorrei, non vorrei ma se vuoi...». Lo ha fatto svelando alcune cosette in merito a un futuro coinvolgimento nella Juventus che verrà. Evento assai desiderato da Gianluca Ferrero e, soprattutto, da John Elkann. Del Piero ha borbottato via web tutto e il contrario di tutto. La sintesi delle sue mezze frasi: io alla Juve? No, boh, forse, sì. Spieghiamo meglio.

 

 

 

In un paio di messaggi lanciati dal Qatar, dove si trova per commentare il mondiale, l'ex n.10 si è contraddetto su una sua prossima rentrée nella "nuova Juventus" destinata a (ri)nascere al termine del terremoto giudiziario che sta sconvolgendo Andrea Agnelli e l'intero Cda dimissionario. Messaggio numero 1. Ha detto: «Non è il momento di esporsi. In questo momento sto vicino a una società che amo ed è presto per fare certi discorsi. La Juve, però, fa parte della mia vita, e nemmeno piccola. Questo è un momento delicato per il club... Penso sia giusto non commentare indiscrezioni che possono tramutarsi in speculazioni». Fine del primo messaggio che, tradotto, significa: io alla Juve? No, boh, ma forse. Messaggio numero 2: con un tiro a giro dei suoi, ha aggiunto in un post pubblicato su beINSPORTSnews: «È il momento di essere ancor più juventini, i nuovi dirigenti (tra i quali potrebbe trovare Evelina Christillin, ndr) meritano supporto». Facendosi sfuggire: «Se mi chiamano per una consulenza, io ci sono». Tradotto: io alla Juve? Nì, anzi sì. Che formidabile dribblatore. Aveva ragione l'Avvocato Agnelli: Del Piero era un Pinturicchio del pallone e lo è anche fuori, intelligente e furbo. A 48 anni è un uomo ricco, vive a Los Angeles con la moglie Sonia e i tre figli Tobias, Sasha e Dorotea, gestisce con il fratello i suoi vari affari (il ristorante N.10 ha un enorme successo) ed è richiesto da tutte le tv del mondo. Se la gode, insomma. Però la Juve è la Juve. È il club che lo accolse nel 1992 da Padova e lo lanciò nel grande calcio facendolo diventare Pinturicchio per poi dargli un calcio nel sedere dieci anni fa. Mollandolo in India e alla sua vita.

 

 

 

 

«Ho ancora casa a Torino», ha ripetuto nei giorni scorsi, facendo capire che Los Angeles è bella e piena di sole ma Torino è la Juve ed è piena di fascino. Soprattutto se si è chiamati a una sfida unica: ripartire da zero e riportare la Vecchia Signora al centro del villaggio calcistico, risollevandola dal baratro nel quale è precipitata. Lui, Del Piero, più di Buffon, Chiellini o Marchisio può incarnare il senso di juventinità che Giampiero Boniperti, gloria della Juve negli anni '40 e' 50, ha assicurato al club per 20 anni, dal 1970 al 1990. Nei piani di Elkann c'è un Pinturicchio nei panni di "Marisa": una bandiera in campo diventata un totem di continuità dietro la scrivania. Unico rischio di questa operazione: quello delle bandiere sventolate e poi ammainate: Francesco Totti, ad esempio, come dirigente della Roma non funzionò. Del Piero, uomo accorto, figlio di contadini e, quindi, con piedi grossi e cervello fino, sa che questa partita può essere rischiosa come una finale di campionato del mondo. Ma la Juve è la Juve. E lui, di finali, ne ha vinte tante.

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