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Juventus, vincere è importante ma i tifosi meritano gestioni meno agitate

Fabrizio Biasin
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Essere tifosi bianconeri dev' essere certamente un lusso: vinci tanto, vinci spesso, a volte con divari stratosferici, al punto che ti vien la noia e magari neppure festeggi l'ennesimo scudetto. Oh, nell'era Agnelli ne sono arrivati la bellezza di nove consecutivi, un filotto quasi certamente irripetibile. Discorso diverso in Europa, ma quello è un universo molto più complicato, fatto di realtà che si possono permettere mari & monti o - come diceva il buon Antonio Conte - «ristoranti da cento euro quando tu ne hai dieci, di euro».

 

 

Ecco, la voglia di stare al passo dei colossi continentali per dare credito al Primo Comandamento bianconero («vincere è l'unica cosa che conta»), ha inevitabilmente compromesso un altro caposaldo del club: «Non fare il passo più lungo della gamba». Per anni e anni la Juventus è stata modello di gestione, ha prodotto risultati solo e soltanto con i quattrini che aveva in tasca, si è in qualche maniera “arrangiata” e ci è riuscita bene. Nelle ultime stagioni no, ha scelto la strada di Lucignolo, quella che prima ti porta a godere delle spese e dei “nomi”, e poi ti mette di fronte a una micidiale realtà: si vince con le idee, più che con i quattrini. L’ossessione dell’Euro-vittoria ha trasformato il modello virtuoso dei bianconeri in un disastro fatto di scelte sbagliate e reiterate. Risultato: il bilancio è andato gambe all’aria.

 

 

Ecco, i tifosi della Juve - forse non tutti, ma quelli “sani” certamente sì - vorrebbero tornare all’antico, a una gestione più sana delle “cose” bianconere, anche a costo di vincere qualcosa meno, soprattutto se il conto da pagare è ritrovarsi periodicamente a dover giustificare questioni che con il pallone c’entrano (o dovrebbero c’entrare) pochissimo. La Juventus è tornata a svettare dopo gli anni durissimi di Calciopoli grazie a decisioni illuminate e a una sana disciplina imposta dall’alto. Da qualche anno - sì, va detto, dal post-Marotta - le decisioni si sono trasformate in azzardo e la disciplina è venuta meno: se i primi a sbagliare sono gli Ufficiali come si può pretendere che i Soldati facciano per bene il loro dovere? Vincere non è l’unica cosa che conta, far le cose per bene, invece, lo è.

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