Qatar 2022, cosa c'è davvero dietro all'Italia fuori dai Mondiali
La straordinaria retorica "un tanto al chilo" ci porta a sviluppare ragionamenti dell'altro mondo. Tra gli altri, c'è quello secondo cui noialtri poveri italiani siamo rimasti a casa perché non capaci di valorizzare i nostri straordinari talenti. C'è chi vede il giovane Musiala (19 anni) e dice: «Guarda la Germania, dà in mano la Nazionale a un ragazzino». C'è chi si lustra gli occhi con lo spagnoleggiante Gavi (18 anni) e dice: «Guarda Luis Enrique, dà le chiavi del centrocampo in mano a un quasi poppante». C'è chi ama inconsapevolmente la guida a sinistra e dice: «Guarda gli inglesi, mica si fanno problemi a buttare in campo il baby Bellingham, eppure ha solo 19 anni».
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Ed è vero, questi tre (ma non solo questi tre) sono perle rare e luccicanti, nonché alcuni tra i giovanissimi prodigi saltati all'occhio in questi primi dieci giorni di Mondiale. Quello che invece non torna è il sillogismo secondo cui io e te, poveri italiani, siamo spettatori non invitati a Qatar 2022 perché, a monte, l'allenatore Tizio della Tal Squadra non ha il coraggio di far giocare il Fenomeno X. Una sorta di, definiamolo, "masochismo tricolore" che, nei fatti, non esiste. Ecco, la verità non è che i Mancini e i Pioli e gli Inzaghi e gli Spalletti e gli Allegri scelgono di tarpare le ali al fenomeno di turno, semmai il problema è che dalle nostre parti non c'è, il fenomeno di turno, soprattutto nelle zone del campo in cui le partite si vincono, ovvero dalla trequarti in su.
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Per lo stesso motivo è stato francamente consolante vedere la Svizzera soccombere contro il Brasile dei funamboli, anche solo per uno striminzito 1-0. E questo non perché proviamo sentimenti di rabbia nei confronti dei nostri cugini rossocrociati, giammai, ma perché sarebbe stato stucchevole dover assistere al moltiplicarsi di frasi come «beh, anche il Brasile non ha battuto la Svizzera, allora forse non siamo così ridotti male...». Ecco, sì, quella in qualche modo sarebbe stata l'umiliazione definitiva.